La notte dei pugnalatori di Palermo

La notte dei pugnalatori di Palermo è una misteriosa vicenda, passata alla cronaca storica, che si svolse una notte, all’inizio dell’ottobre del 1862.

Pugnalatori nella notte palermitana
Uno dei pugnalatori che si aggirava furtivo per le vie del centro di Palermo

Già la mattina successiva ai fatti, il Giornale di Sicilia, ne diede notizia in prima pagina descrivendola così:

“Alla stessa ora, in diversi punti della città fra loro quasi equidistanti, 13 persone venivano gravemente ferite di coltello, quasi tutte al basso ventre. I feriti danno tutti gli stessi contrassegni dei feritori, i quali vestivano a un sol modo, erano di pari statura, sicché vi fu un momento che si poté credere, uno solo”.

N.B.: trattandosi di un fatto di cronaca realmente accaduto e che, per almeno due persone coinvolte, non si è arrivati a nessuna verità giudiziaria, eviterò di riportare nomi e cognomi reali, limitandomi ad indicarne le iniziali e/o nomignoli di fantasia.

La storia

Palermo, era la notte tra il primo e il due di ottobre del 1863.

Le 13 vitime di quella notte di sangue non si conoscevano tra loro e non erano collegate ad ambienti malavitosi, non erano soggetti sotto ricatto nè potenzialmente passibili di vendette trasversali o ritorsioni.

Sta di fatto che finirono tutti accoltellati allo stesso modo.
Opera di un serial killer che ha mancato il suo proposito? Un vero mistero.

Le indagini

Tuttavia, le prime indagini portarono quasi subito a credere che si trattasse di un’azione di concerto messa in atto non da una, ma da un gruppo organizzato composto da più persone, probabilmente 13, – come il numero delle vittime – che avevano agito quasi in simultanea.

Purtroppo, non si trovò alcun indizio che potesse far risalire all’identità degli assalitori, nè al movente, che si potè subito escludere fosse quello di rapina.

Gli inquirenti si basarono solo sulla vaga testimonianza dei 12 sopravvissuti agli accoltellamenti che, però, grazie all’oscurità della notte, ai colpiti subiti all’improvviso, ed alle gravi ferite riportate, non erano in grado di dare una descrizione precisa dei loro assalitori.

Malauguratamente una delle vittime venne colpita ad un’arteria, e morì poco prima dell’arrivo dei soccorsi.

Sfortunatamente per lui, durante una concitata fuga uno dei pugnalatori si imbattè in una pattuglia di carabinieri in ronda che, insospettiti dal suo fare, lo fermarono nei pressi di via Alloro e cominciarono ad interrogarlo.

Si accertò che si trattava di un certo A. D., di anni 38, di professione lustrascarpe (che noi chiameremo “Manuzza“).

L’uomo, in un primo momento diede vaghe spiagazioni sulla sua presenza in loco e sul motivo della sua fretta. Però una volta perquisito, gli trovarono addosso un coltello a serramanico ancora sporco di sangue. Arma che custodiva ancora in tasca.

A quel punto il Manuzza finì per confessare e venne subito ammanettato.

L’arresto di Manuzza

Portato in caserma, la sua versione dei fatti indicava un certo G. C. (per noi “Mastru“), che pare lo avesse avvicinato qualche giorno prima dei fatti per proporgli un “lavoretto” dietro il compenso di 3 tarì al giorno.

In pratica, dichiarò l’uomo, questi mi spegò che si trattava di appostarsi in un certo giorno, ad una certa ora per accoltellare la prima persona che passava da li.

Inizialmente, continuò il Manuzza, non mi senti’ di accettare quell’offerta che andava contro la mia moralità. Ma il pensiero di rinunciare alla cospicua somma di denaro, che mi avrebbe consentito di sbarcare il lunario, alla fine mi convinse ad accettare il “lavoretto”.

Durante l’interrogatorio il Manuzza aggiunse che il Mastru gli avrebbe rivelato che a fare questo “lavoretto” non sarebbe stato da solo. A quel punto elencò una serie di undici nomi di persone che, come lui, erano impiegate in questa attività.

L’inchiesta

Aperta l’inchiesta i carabinieri accertarono anche l’identità del tredicesimo accoltellatore (che molto probabilmente era lo stesso Mastru) ma, stranamente, questo non venne mai interrogato nè portato in giudizio.

Dopo aver fatto chiarezza su chi fossero gli accoltellatori mancava, però, il nome del mandante. Nome che dopo ulteriori interrogatori si rivelò fosse quello di un senatore del regno, (d’ora innanzi “u Principe“).

Questi, era personaggio molto in vista, uomo di fiducia del re e potentissimo esponente della nobiltà siciliana che avrebbe pagato il Mastru, suo protetto, per disfarsi di alcuni potenziali avversari politici.

A quel punto, il giudice, comprendo che stava per addentrarsi in un campo minato, stralciò dall’inchiesta il nome del senatore e, ovviamente, anche quello del Mastru, amico di quest’ultimo.

Il processo contro i pugnalatori di Palermo

Il processo iniziò l’8 gennaio del 1863, presso la Corte di Assise di Palermo, e finì dopo soli quattro giorni (una farsa!) con una sentenza di condanna a morte collettiva.

Ma ci fu un’eccezione per il Manuzza: infatti la sua collaborazione con la giustizia, gli salvò salva la vita, ma dovette comunque scontare una pena a 20 anni di reclusione presso il carcere della Vicaria.

E’ chiaro che allora, i vari “Principi“, come del resto succede ancora, erano soliti farla franca sfuggendo regolarmente ai processi. Leggendo di questi fatti ci si accorge di quanto, in realtà sia cambiato poco. E’ proprio vero, la storia si ripete.

La domanda ancora oggi è sempre la stessa: la giustizia è mai stata uguale per tutti?

Di questo fatto ne scrisse Leonardo Sciascia nel suo libro “I Pugnalatori“, edito nel 1974, che concluse il suo saggio con la frase pronunciata da Francesco Crispi in riferimento a questa oscura vicenda: “Penso che il mistero continuerà e che giammai conosceremo le cose come veramente sono avvenute”.

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