Mi chiamanu Cicciu, ma sugnu u liuni

Ciccio, il leone – In tanti spero, vi ricorderete di Cicciu: il leone di villa Giulia.

Ciccio, il leone di Villa Giulia – Palermo, 1980

Nella spledida villa settecentesca, che il pretore della città Antonio La Grua intitolò a Giulia D’Avalos, moglie dell’allora vicerè Colonna di Stigliano, negli anni ’60 del ‘900, dentro un’umida gabbia abitava un leone.
Parliamo di Ciccio, il re di villa Giulia.

Il dono alla città

Non si sa chi gli ha dato questo nome, ma sappiamo che Ciccio fu il dono alla città di un facoltoso imprenditore, tale Cav. Armando Furlanis. Costui, negli anni ’60, non si capisce bene per quale ragione, regalò il povero animale al Comune di Palermo che, dal canto suo, lo accettò (anche qui il – perchè – rimane un mistero).

Il problema vero però, era che la città non possedeva uno zoo, nè uno spazio adatto ad ospitare il re della foresta. Quindi, dovettero inventarsi qualcosa.

Cicciu ospite a villa Giulia

Così, a qualcuno venne in mente l’idea di allestire un’apposita gabbia nella villa Giulia: una cella per Ciccio da realizzare ex novo, vicino a quella delle scimmiette.

Fu li che il povero Ciccio restò “ospite” per circa 30 anni della sua tristissima vita.

In quello spazio angusto, l’animale diventò ben presto il polo d’attrazione principale della villa, spodestando quelli che per noi bambini di allora, erano il grande divertimento: il trenino e le biciclette a noleggio. Queste ulltime rigorosamente munite di rotelline laterali.

Ricordo che i suoi ruggiti facevano tremare lo stomaco a tutti noi “picciriddi” che accompagnati dai nostri genitori, andavamo spesso a fargli visita.

La domenica eravamo a decine i bambini davanti alla gabbia di Ciccio. Tutti li, con in mano un palloncino e nell’altra l’immancabile “cuoppu ri calia & simienza” che al primo ruggito, per lo spavento, facevamo finire per terra a beneficio dei tanti colombi.

E lui, Cicciu, prigioniero di quelle sbarre, a volte un pò nervoso e insofferente, più spesso chiaramente annoiato, sognava la libertà.

Il povero animale cercava di passare il tempo, che intercorreva tra un pasto e l’altro, schiacciando dei lunghi pisolini, che interrompeva ogni tanto con un ruggito cavernoso.
La sua vita non era certo quella che sognava e sicuramente quella non era un’esistenza invidiabile, costretto com’era a fare avanti e indietro da una parete all’altra, spesso, tentando di scansare gli avanzi di cibo e i suoi stessi escrementi. Ricordo ancora che l’odore, nei pressi della sua cella, non era affatto tra i più attraenti.

Una compagna per Cicciu

Si comprese subito che Ciccio era triste e depresso. Così per un certo periodo, allo scopo di stimolarlo, comparve accanto a lui anche una leonessa (forse in prestito da un circo di passaggio?).

Ma questa fu solo una compagna improvvisata e temporanea, che comunque non riuscì a far risollevare il morale del re. E così il povero Ciccio fu costretto a continuare a vivere la sua tristre esistenza, in solitudine, dietro alle sbarre della sua umida cella.

Il trasferimento

Successivamente, negli anni ’90, il nostro Ciccio visibilmente stanco e malandato, venne trasferito alla Zoofattoria di Terrasini, dove cercarono di prendersene cura.

Purtroppo, poco tempo dopo, il vecchio leone ci lasciò, per tornare e correre e cacciare come un tempo… ma stavolta nelle sconfinate savane del cielo.

I suoi resti sembra che siano ancora conservati al museo di zoologia Doderlain. E pare che il suo teschio sia stato pure esposto al pubblico.

Forse in un ultimo tentativo di farlo tornare ad essere una star, un’attrattiva per i palermitani… anche per quelli che non l’hanno mai conosciuto da vivo.

Povero Cicciu, riposa in pace. Resterai per sempre nei nostri ricordi e nei nostri cuori.

Dove si trova?


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