Il teatro dei Pupi è nato a Palermo nel XVIII sec. e consiste in rappresentazioni teatrali i cui personaggi sono interpretati da raffinatissime e caratteristiche marionette, animate attraverso fili, e realizzate interamente a mano da esperti artigiani.
Ma soltanto nell’800, venero messe in scena le epiche gesta e le avventure dei cavalieri medioevali, come le conosciamo oggi, attingendone le trame dalla letteratura. Questa fu la svolta che portò alla grande diffusione di questo particolarte spettacolo, a volte offerto per strada agli astanti.
Gli autori del teatro dei pupi siciliani, i cosiddetti pupari, si ispirano tradizionalmente a romanzi e poemi della letteratura cavalleresca come, ad esempio, la storia dei Paladini di Francia o l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, oppure a storie di mitici giganti, ma anche ad aneddoti tratti dalle storie di santi piuttosto che di noti briganti dell’epoca.
La storia
Gli albori del teatro dei pupi videro la luce a Palermo, nel ‘700, con le prime marionette non armate con le quali, l’ancora giovane spettacolo detto opera dei pupi, interpretava vecchie storie ambientate nelle campagne dell’entroterra agricolo siciliano.
La bibbia dei pupari
La fonte primaria da cui trarre le storie da interpretare nel teatro dei pupi palermitano era rappresentata da un’unica raccolta di romanzi e poemi cavallereschi.
Realizzata a metà ‘800 da un maestro elementare palermitano il cui nome era Giusto Lo Dico, la raccolta suddivisa in più volumi divenne la bibbia dei pupari.
Secondo alcune fonti, a Giusto Lo Dico si deve il riconoscimento, quantomeno indiretto, di aver contribuito con la sua raccolta all’alfabetizzazione del popolo. Infatti, molti tra operai e contadini impararono a leggere proprio dai suoi libri, incuriositi dalle storie dei paladini viste al teatro dei pupi.
La meccanica dei pupi
Le marionette venivano animate dall’alto per mezzo di una sottile asta metallica collegata alla testa del personaggio e per mezzo di più fili, che ne consentivano i movimenti basilari del corpo.
Mentre i pupari stavano occultati tra le quinte, dietro la scena, e davano voce e movimento ai vari personaggi, senza farsi scorgere.
Col tempo, furono apportate delle innovazioni meccaniche e un sistema di snodi permise di articolare braccia e ginocchia dei personaggi, fargli estrarre e riporre la spada nel suo fodero e di ingaggiare combattimenti corpo a corpo con movimenti sempre più realistici fino, in alcuni casi, a fargli aprire e chiudere gli occhi.
I materiali usati era principalmente il legno, che veniva abilmente intagliato e decorato. Poi, l’ottone e il rame con i quali si realizzano le spade, le armature, elmetti, scudi e calzari.
Dopo le loro evoluzioni, i pupi non venivano costruiti da un solo artigiano ma da una serie di maestri specializzati nella realizzazione di una di queste componenti principali: il legno ed il metallo. Ovviamente con l’eccezione di chi sapeva destreggiarsi nelle due arti.
Le dimensioni dei pupi variano da cm. 80 a circa un metro di altezza, mentre il loro peso minimo si aggira attorno agli 8-10 Kg.
La diffusione del teatro dei pupi
Nei primi anni dell’800, a Palermo, cominciarono ad operare due delle famiglie che furono le capostipiti del nuovo teatro dei pupi: la famiglia Greco e la famiglia Canino.
Questi nuovi spettacoli presero subito piede tra il popolo, suscitando grande interesse e numerosa partecipazione, al punto che il teatro si diffuse molto rapidamente in tutta la Sicilia ed anche nel resto del sud Italia, come in Calabria ed in Campania.
La funzione di teatro sociale
Poco alla volta, il teatro dei pupi ebbe grande diffusione e diventò anche veicolo di propaganda sociale: infatti in passato ha influenzato non poco la popolazione a prendere coscienza della propria situazione e rivendicare miglioramenti alla condizione sociale.
Le origini
All’epoca era molto importante era il “peso” della trasmissione orale (tipicamente della narrativa cavalleresca) attuato dai cantastorie e dai cuntastorie siciliani, ma soprattutto dai “jongleurs” francesi cui si deve la divulgazione della cosiddetta Chansos de Geste (canzoni a gesti) nell’Italia Meridionale.
Così, i messaggi mediati attraverso la mimica dei personaggi e le storie narrate, riuscivano ad arrivare anche ai tantissimi analfabeti del popolo, cui il teatro dei pupi era essenzialmente rivolto.
Secondo alcuni osservatori era una sorta di televisione antesignana per operai, contadini e persone poco istruite. Tesi, questa che trova diversi oppositori.
Purtroppo, dopo il boom economico degli anni ’50, il mestiere di puparo è quasi sparito e questo ha segnato il lento declino della tradizione tramandata.
Le scuole di pupi e pupari
Ad oggi, come per tutte le tradizioni popolari, nella nostra regione sono ancora in attività diverse scuole di pupari. Le più conosciute sono senza dubbio quelle palermitane e catanesi. Le cui differenze sostanziali sono veramente poche.
A Palermo la famiglia Cuticchio, nella sede di via Bara all’Olivella, mette regolarmente in scena le apprezzatissime rappresentazioni con i pupi siciliani, producendo spettacoli che trovano grande riscontro anche tra i tanti turisti che regolarmente affollano il centro città.
A Monreale, nei pressi del capoluogo, vi è un’altra importante scuola di opranti Pupari rappresentata dai componenti della famiglia Munna, unitamente al Maestro Enzo Rossi, oprante e costruttore di pupi.
Mentre a messina, è ancora oggi in attività la famiglia di pupari Gargano.
E così in tante altre città siciliane: Catania, con i fratelli Napoli, Agrigento, Alcamo e, come dicevo, fino a Napoli, dove la tradizione è rappresentata dalle famiglie di pupari Crimi e Trombetta.
I paladini e l’iconografia siciliana
Va ricordato che le scene delle gesta dei paladini di Francia, fanno ormai parte dell’iconografia tradizionale siciliana. Queste vengono rappresentate nelle decorazioni delle sponde dei tipici carretti, ma anche nelle strutture delle bancarelle di vendita di prodotti, il cui uso è ormai radicato nella tradizione palermitana, come il cosiddetto “scaccio” (ceci tostati, semi di zucca salati e arachidi), tipicamente consumati nel periodo del Festino.
C’è da dire che è in atto un certo rifiorire dell’interesse per i pupi siciliani, e molto spesso il teatro dei pupi organizza degli spettacoli rivolti alle scolaresche, indirizzando bambini e ragazzi alla scoperta di queste antiche e belle tradizioni.
Riconoscimento UNESCO
Il teatro dei pupi siciliani è stato dichiarato patrimonio immateriale, con riconoscimento ufficiale dell’UNESCO del 2008.
I costruttori di pupi
Non posso elencarli tutti, perchè la lista non sarebbe mai completa, ma posso citare i più noti tra i pupari palermitani che conosco personalmente.
Oltre alla famiglia Cuticchio, che realizza in proprio i suoi personaggi, è in attività, nel corso Vittorio Emanuele anche la famiglia Argento.
Il Maestro Vincenzo Argento, nella sua bottega, crea i tipici pupi realizzandoli in tutte le dimensioni: da quelle adatte alle scene del teatro dei pupi, alle versioni più piccole da portare a casa come un bellissimo souvenir molto rappresentativo delle tradizioni della nostra splendida isola.
Infine, mi segnalano dell’attività artigianale della famiglia Scalisi e del Maestro Pietro, operante a Palermo.
Il Museo delle Marionette
Nell’ex Hotel de France di piazza Marina, ha sede il Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino. Fondato a Palermo, nel 1975, da un grande appassionato, il chirurgo dott. Antonio Pasqualino.
Il museo raccoglie in diversi spazi espositivi una collezione di oltre 3500 marionette provenienti da tutto il mondo. Tra queste, trovano posto i pupi siciliani, con i quali il compianto dott. Pasqualino iniziò la sua collezione.
Un’altra bella collezione di pupi siciliani la ritroviamo sempre in città, presso il Museo Etnografico Pitrè, raccolta dello stesso Giuseppe Pitrè nel periodo a cavallo tra la seconda metà del l’800 e gli inizi del ‘900.
Dove si trova?