I bambini di Baida

I bambini di Baida lo ricorderanno certamente, ma anche alcuni tra noi, magari i meno giovani, ne avranno memoria. Tanti anni fa, in una frazione del comune di Palermo chiamata Baida, esisteva un luogo dove le ragazze madri andavano a partorire in gran segreto. Ne parliamo qui.

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I bambini di Baida
(https://it.freepik.com/foto/persone”>Persone foto creata da prostooleh – it.freepik.com)

Oggi mi occuperò di un argomento che reputo “toccante”, quanto significativo. Cercherò di farlo muovendomi in punta di piedi, e con la dovuta cautela.

Stavolta non vi parlerò di monumenti o personaggi storici ma di una vicenda umana, avvenuta in un passato non troppo lontano, che ha avuto quale teatro del suo svolgimento un luogo molto particolare.

Era una struttura, posta alla periferia della nostra città che, fino ad alcuni decenni or sono, ha svolto un ruolo importantissimo nella gestione di situazioni molto delicate. Circostanze, che hanno coinvolto l’esistenza di tanti palermitani.

Parliamo di un centro di accoglienza per giovani mamme in difficoltà.

La storia

Almeno fino alla seconda metà degli anni settanta, la struttura di Baida, fondata e gestita da due coniugi di origine lombarda, forniva assistenza alle giovani madri fino al parto. Ma anche ai figli delle stesse che, per svariate ragioni, quasi sempre non venivano riconosciuti e finivano abbandonati presso lo stesso centro.

Come già accennato, spesso accadeva che le madri, giovanissime, venissero costrette dalla loro stessa famiglia a non riconoscere e ad abbandonare il nascituro, proprio allo scopo di evitare lo scandalo.

Insomma, una serie di storie tristi che non tutti conosciamo o abbiamo vissuto.

Le mamme

Andavano a partorire li per non esporsi, lontano da occhi indiscreti e dai pregiudizi che in quegli anni potevano portare a spiacevoli conseguenze: quasi sempre delle forti ripercussioni sociali, oltrechè sulle loro vite, anche sulla reputazione dell’intera famiglia di origine. Così, la scelta di avvalersi dell’operato di quella casa d’accoglienza, che ne garantiva l’anonimato, era come obbligata.

I bambini di Baida

Nel tempo, si è formata una comunità di bambini, non riconosciuti dai genitori biologici i quali erano protetti dal totale anonimato. Bambini e bambine di cui non si conosce con esattezza il numero (sicuramente oltre un centinaio).

Dopo l’abbandono, tutti venivano regolarmente registrati all’anagrafe con un nome ed un cognome di fantasia. I piccoli erano stabilmente residenti presso quel centro, che li seguiva costantemente, occupandosi delle primarie necessità, ma anche della loro istruzione.

Questo avveniva almeno fino ad una certa età. Oppure fino a quando non si faceva vivo qualcuno che li reclamasse, o ancora, che li prendesse in affido temporaneo, magari in attesa di avviare in Tribunale la relativa pratica di adozione.

L’aiuto ai bimbi bisognosi

La stessa struttura si occupava pure di ospitare, anche a tempo pieno, e/o per brevi periodi, quei bambini bisognosi le cui famiglie, a causa di problemi economici o di altra natura, non avevano mezzi di sostentamento, o la possibilità di badare a loro e accudirli come è necessario.

Era la “Casa Madonna delle Grazie“, gestita dai coniugi Polloni, i cui nomi venivano spesso, affettuosamente, modificati in “papà Apollone” e “mamma Apollonia“.

Come detto, il centro aveva la sua sede a Baida, esattamente nella via Francesco Baracca.

Ho saputo che molti di quei bambini di allora, oggi almeno ultraquarantenni, sono ancora alla ricerca dei loro genitori biologici, la cui identità è tenuta segreta in virtù di un’apposita legge che ne garantisce l’anonimato. Nello specifico, l’articolo 28 della legge 183, del 1984 che, per quanto mi è dato sapere, si trova da anni in attesa di una modifica, che si spera risolverà almeno alcune di queste situazioni.

Di fatto, della casa di accoglienza di Baida si è omai persa pure la memoria, così come della documentazione di ingresso delle mamme, e le relative schede della sala parto. Tutte andate irrimediabilmente smarrite. Documenti preziosissimi che avrebbero potuto aiutare a ricostruire la storia di molti bambini nati in quelle circostanze.

Purtroppo, i coniugi Pollone sono deceduti da anni, ed anche lo staff medico che aiutava le giovani mamme a partorire sembra volatilizzato nel nulla. Quindi, sull’intera storia, cala da tempo come una cortina di nebbia impenetrabile.

Tempo fa sono venuto a conoscenza del problema, e dell’esistenza di tante persone (invero, non tutte) che sentono la necessità di conoscere le proprie origini. Ma ho saputo anche di un sito che si occupa espressamente di questi casi, e di aiutare chi è impegnato nella ricerca dei propri genitori biologici.

Ne riporto il link qui sotto. Non si sa mai, potrebbe servire a qualcuno.

https://www.figliadottivicercanogenitoribiologici.it

Dove si trova?


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