La Madonna di mezz’agosto è un brano tratto dal “Diario Palermitano“, opera in 12 volumi, scritta dal nostro amico Santi Gnoffo, che oggi torna a trovarci tra le pagine di Amici di Cara Palermo con un bellissimo aneddoto ferragostàno, ambientato nella Palermo dei vicerè.
La storia
Un tempo, la festa dell’Assunta era molto importante e seguita da gran parte del popolo palermitano. Iniziava il 14 Agosto e durava tre giorni.
La Madonna di mezz’agosto
La festa iniziava con una spettacolare cavalcata, alla quale prendevano parte il Vicerè ed il Senato, che da Palazzo reale si snodava lungo il Cassaro ed arrivava sino alle pubbliche carceri della Vicarìa, dove alcuni condannati venivano graziati.
A tal proposito, il marchese di Villabianca, nel suo Diario trascrisse:
“Lasciando le cerimonie che la ricorrenza avea di comune con altre dell’anno, non è da trascurarne una che rimase nelle costumanze pubbliche ed ufficiali: vogliam dire la visita alle carceri pubbliche della Vicarìa“.
Per lungo volger di anni, anzi per secoli, la fece il Viceré in gala, con cavalcata della Nobiltà e del corpo del Ministero e del Sacro Consiglio, in carrozze parate di fiocchi e in pompa tutta sovrana.
La grazia
Giunto alle prigioni, liberava carcerati, rimetteva, riduceva condanne, pagava anche per integrum debiti, faceva, insomma, tutto il bene che il cuore, in armonia con le esigenze dello Stato, gli consentissero.
Ma appunto perchè ci andava spesso di mezzo la tasca, i Viceré non erano sempre teneri di questa funzione: sicché prendeva il loro posto il Capitan di Giustizia, col Presidente della Gran Corte e i rispettivi giudici e ministri fiscali, insieme con gli algozini armati di verghe e gli alabardieri di lance.
Il palio della Madonna di mezz’agosto
Il giorno seguente, 15 Agosto, si svolgeva il “palio”: uomini quasi nudi o vestiti partivano a piedi da un luogo della Città e dovevano arrivare in un luogo lontano prestabilito.
Al vincitore si regalava un paio di calzoni, un farsetto, un’oca, una spada, un gallo. La sera si svolgeva la processione dei “ceri”, che il Villabianca descrisse così:
“Erano questi delle macchinette, rappresentanti scene della vita di santi, opere talvolta fini d’arte, portate a spalle da soci delle singole corporazioni; e prendevano il nome di cilii dai colossali ceri che non solo esse ma anche le corporazioni maggiori dei farmacisti, dei medici, dei forensi, oltreché il Clero ed il Senato, offrivano alla Madonna. La processione già di sera, fu imposta di giorno, ed anche per ciò perdette della sua gaiezza primitiva”.
I cilii (ceri)
Anche la nobiltà, per alcuni anni, fece partecipare i propri “Cilii”, in seguito declinarono l’impegno.
Oltre ai “cilii” delle maestranze sfilava quello dell’Arcivescovo di Palermo che, solitamente, iniziava la cerimonia con un gonfalone ornato di foglie di mirto, intrecciato con alcuni nastri, sostenuto da un chierico in cotta a cavallo (con un abito che arrivava alle gambe), e poi dagli ufficiali della corte arcivescovile.
Ogni anno, si provvedeva a stilare la tabella e l’ordine con il quale dovevano sfilare le maestranze che portavano a spalla il loro cero (cilio), nel quale erano apposti, affinchè fossero visibili, i migliori prodotti che avevano fabbricato.
I “Cilii” iniziavano il loro percorso dalla chiesa di Santa Cita. Le comunità religiose, invece, dalla Parrocchia di San Giacomo la Marina (nei pressi di Piazza San Domenico).
La processione
La prima “Processione dei Cilii” risale al XIV secolo. In quel tempo, i cinque Quartieri della Città (Loggia o Castellammare, Kalsa, Seralcadio, Albergheria, Cassaro) partecipavano con il proprio “Cilio”. Nell’ultima giornata aveva luogo una regata di barche che dall’Arenella arrivavano sino alla Cala. Anche questa manifestazione veniva premiata.
Il Villabianca scrisse:
“… il 15 Agosto del 1787 non potè aver luogo la solita festa dei cilii, perchè la riscossione delle tasse annuali dei maestri fu proibita dal Re”
Il 15 Agosto, svolgevano un’altra sontuosa cavalcata e s’inoltravano sino alla Contrada di Maredolce, dove erano impiantati archi trionfali con fontane che erogavano acqua, vino ed olio.
Queste usanze si svolsero per quasi cinque secoli, ad eccezione degli anni 1575 e 1624, 1708 e 1728, a causa della peste che imperversò in Città.
Spettacoli che oggi sono improponibili.
Santi Gnoffo, Accadde a Palermo.