Si, proprio una spada nel portone e non nella roccia, come si potrebbe immaginare.
Ma è giusto chiarire che non stiamo parlando di Excalibur, la mitica spada di Re Artù. Piuttosto, si tratta di una spada o meglio, della sua elsa, che possiamo ancora oggi individuare sul grande portone di accesso al palazzo arcivescovile di Palermo, in via Matteo Bonello, proprio accanto alla cattedrale.
Lo so, adesso esclamerete che quella non è una spada vera, ma solo una – e nemmeno tanto conforme – riproduzione. Per giunta, questa è fissata pure malamente, con due banali e moderne viti Paker. Tra l’altro, il modello di elsa è pure di epoca successiva ai fatti narrati. Ed avete ragione a pensarlo, perchè in effetti è così. Ma la leggenda vuole che quella spada o meglio, la sua riproduzione, sia li per uno scopo ben preciso, e cioè quello di ricordarci di un aneddoto accaduto quasi 900 anni fa.
Si tratta di un delitto messo in atto da un personaggio ambizioso, giovane esponente dell’aristocrazia feudale siciliana, tale Matteo Bonello – da cui prese il nome la strada.
La storia
Il Bonello o “Bonel”, di orgini francesi, si stabilì a Palermo con la sua famiglia, che arrivò in città al seguito dei normanni.
La storia che lo rese protagonista di questi fatti narra che il 10 novembre del 1160, nei pressi della porta di S. Agata, il Bonello, passò a fil di spada un certo Maione da Bari, Grande Ammiraglio del Regno di Sicilia, uccidendolo. Seguì la crudele approvazione dei popolani che ne profanarono il cadavere, prendendolo a calci e trascinandolo per le strade.
Tutto questo a causa del fatto che re Guglielmo I, dopo aver nominato il Maione suo unico consigliere, delegò lui ampi poteri, rendendolo di fatto artefice e strumento del rafforzamento del potere centrale della Corona. In tal modo andò contro le pretese/aspettative dei baroni del regno, che da tempo reclamavano per loro questi privilegi.
Mentre lui, il re normanno, da vero sovrano, preferiva dedicarsi ai piaceri della vita. Insomma, il re faceva il re.
Il malcontento dei nobili
E’ facile immaginare che quell’accentramento di potere nelle mani di una sola persona, diversa dal re, provocò non pochi malcontenti. E, come è lecito pensare, ciò fu all’origine del complotto tramato dal Bonello, e dai baroni che lo sostenevano. Azione, questa, che successivamente sfociò proprio in quel delitto, che a quanto pare venne organizzato nei minimi dettagli presso il castello di Caccamo, che era tra i possedimenti di quest’ultimo.
Ucciso il Grande Ammiraglio, però, il Bonello fu imprigionato e rinchiuso nelle segrete di una fortezza adiacente al palazzo reale. Accecato e reso storpio dal taglio dei tendini, morì in quella cella qualche tempo dopo.
Secondo una leggenda popolare, che non trova concreto riscontro nella storia, quella fissata sul portone sarebbe proprio la spada usata dal Bonello per commettere l’assassinio consumato sulla via Coperta, proprio davanti alla sede arcivescovile.
Il falso storico
Però, all’occhio attento degli esperti non è certo sfuggito che, in realtà, quella è l‘elsa di una spada risalente ad un’epoca di alcuni secoli successiva al tempo in cui avvennero i fatti fin qui narrati.
Questo particolare, mise definitivamente a tacere qualsiasi teoria contraria.
La spada ed il suo significato
Nella realtà, quella spada sta lì solo per ricordare al popolo il diritto del vescovo a giudicare penalmente i misfatti commessi nei propri territori e decidere di conseguenza, della vita e della morte degli autori.
In breve, era il simbolo della cosiddetta nobiltà di spada, che suonava come un avvertimento per i malintenzionati.
Dove si trova?
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