Qanat, la Palermo nascosta

Non sappiamo esattamente quando nacquero i Qanat, ma sappiamo che furono soprattutto le popolazioni persiane a diffonderne l’uso in molti paesi del Mediterraneo.

L'acqua nel Qanat del Gesuitico Basso, nel sottosuolo di Palermo.
L’acqua nel Qanat del Gesuitico Basso, nel sottosuolo di Palermo.

La storia

Anche in Sicilia, nelle città di Palermo, Catania e Siracusa – ma non solo – sono stati rinvenuti dei Qanat, alcuni dei quali molto antichi, presumibilmente risalenti al periodo di dominazione islamica o a quello immediatamente successivo.

A Palermo, sono presenti diversi Qanat, utilizzati fin da epoche remote per distribuire l’acqua in tutto il territorio di quel paradiso verde che una volta era chiamato Conca d’Oro.

Si tratta di lunghissimi cunicoli, a volte estesi anche per chilometri, scavati dai cosiddetti “maestri d’acqua” interamente a mano nella friabile calcarenite: elemento che costituisce in massima parte il sottosuolo della piana di Palermo.

L’acqua, proveniente dai colli circostanti la città, veniva captata attraverso questi cunicoli (qualcuno di questi è ancora oggi funzionante), e con un un ingegnoso sistema di pendenze, il prezioso liquido veniva dirottato verso le zone che si intendeva servire.

La nascita dei Qanat

I tracciati dei Qanat erano progettati all’inizio del X secolo dagli abili ingegneri idraulici dell’epoca.

Erano esperti della materia che, conoscendo molto bene il sottosuolo, sapevano “leggere” le rocce ed individuare quelle zone con presenza di falde acquifere.

Queste tecniche vennero acquisite grazie all’esperienza tramandata dai popoli arabo- persiani che da sempre si trovarono ad affrontare problemi di disponibilità e distribuzione dell’acqua nei loro territori.

Conoscenze che ci hanno permesso di accedere a questa tecnologia, e a far si che i nostri predecessori potessero risolvere egregiamente i non pochi problemi legati soprattutto alla irrigazione dei campi.

La distribuzione dell’acqua

Col tempo, sotto la città di Palermo, si realizzò una fitta rete di questi cunicoli che poteva arrivare anche a 20 mt di profondità al di sotto del piano di campagna.

Rete che, unitamente alle cosiddette “Camere dello scirocco“, descritte in un altro post, diedero inconsapevolmente i natali ad alcune interessanti leggende della vita popolare palermitana.

Storie, o meglio, leggende metropolitane, riprese da alcuni autori che ne scrissero nei loro romanzi. Il più noto tra questi, edito per la prima volta nei primi anni del ‘900, era “I Beati Paoli” di Luigi Natoli.

I Qanat oggi

Grazie allo studio approfondito del prof. Pietro Todaro, oggi sappiamo qualcosa di più sui Qanat e sulla loro diffusione nel nostro territorio, come è possibile evincere dalla sottostante piantina illustrativa.

Qanat a Palermo
Distribuzione dei Qanat nella città di Palermo, nella mappa redatta dal prof. Pietro Todaro

Oggi, almeno alcuni tra i più importanti Qanat palermitani, sono aperti alle visite turistiche guidate.

Questi, sostanzialmente, si posso riassumere nei tre principali:

Le visite sono spesso organizzate da varie associazioni e gruppi di esperti speleologi, come ad esempio la locale sezione del CAI di Palermo.

Un’esperienza che, a patto di non soffrire di claustrofobia, è senz’altro da fare.

Ricordi personali

Il mio pensiero corre al ricordo di un amico recentemente scomparso, ed alla sua grande passione per l’editoria che produsse un vero gioiello: la “Qanat Edizioni” di Tony Saetta.

Dove si trova?


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