La corsa delle Bagasce era una sorta di competizione sportiva, ad iniziativa del vicerè Marcantonio Colonna, che vedeva alcune popolane palermitane gareggiare tra loro.
La storia
Durante il viceregno del Colonna, nella seconda metà del sec XVI, i palermitani poterono godere di uno spettacolo sportivo sicuramente molto originale, voluto e organizzato dal vicerè in persona.
Ricordiamo che Marcantonio Colonna era il vicerè che fece erigere la porta Felice, dedicandola alla moglie: donna Felice Orsini. Nel frattempo, lui la tradiva con la bella Eufrosina Valdaura, cui dedicò una fontana, che fece installare proprio accanto alla porta intitolata alla moglie.
Ovviamente questi fatti non passavano inosservati e anzi moltiplicarono i pettegolezzi sul suo conto rafforzandone, se mai ce fosse stato bisogno, la fama di attivissimo “fimminaru”, instancabile corteggiatore di dame.
Insomma, il nostro Marcantonio come si suol dire, era sempre “alla ricerca”. E in questo senso, si dava proprio un gran da fare. Ovviamente, molto facilitato dalla sua posizione legata alla carica di vicerè. A lui era demandata, in luogo del re, l’amministrazione della città, ivi compresa la giustizia. Il vicerè, infatti, poteva disporre la vita o la morte di chiunque gli andasse storto.
Così, nella pratica: cu c’avia a diri ri no o vicerè?
Scrisse di lui anche il Natoli. E proprio a questa particolare competizione tra donne, che gareggiavano lungo il corso del Cassaro, dedicò un paragrafo della sua collana “Storie e leggende di Sicilia“.
La gara
La corsa delle bagasce si svolse per la prima volta nel 1578 e vedeva tra le partecipanti alcune donne “… cosiddette di facili costumi”. Ovviamente la particolare gara attirava un gran numero di curiosi e spettatori del popolo.
Alla vincitrice della corsa veniva offerto un premio che era costituito da un abito elegante con il corsetto di raso. Ovviamente questo era messo in palio dal vicerè in persona – organizzatore della manifestazione – che stancatosi della solita e noiosa corsa dei cavalli lungo il Cassaro, cercava, e aveva trovato, altri sport e passatempi cui dedicarsi. Insomma, dal suo punto di vista, il Marcantonio provava ad unire l’utile al dilettevole.
Il Natoli ne scrisse così:
«Le corritrici erano sei, si schierarono sulla medesima linea, l’una accanto all’altra.
Erano in veste lunga; ma perché le gambe avessero maggior libertà, il signor Marcantonio aveva permesso che si vestissero alla ninfale, con vesti larghe, cioè aperte fino al ginocchio, e senza maniche, nessuna sottana, le gambe coperte di calze lunghissime, e i piedi calzati con nastri. Erano belle a vedersi.»…
Gli urli, le grida, gli schiamazzi della folla le assordavano; intorno a loro risonavan scoppi di mano, fischi, strilli acutissimi; chi le incitava, chi lanciava dietro a loro un’ insolenza, una parola ambigua, una parola indecente; alcuni con lo scudiscio, con una pertica, con un bastone, le aizzavano come si farebbe con le bestie.
Era un urlìo sempre più alto, più tumultuoso, più assordante; erano scoppi formidabili di risa che le pungevano, le indispettivano, le rallegravano.
E correvano»
In pratica, uno spettacolo che, visto con gli occhi di oggi, sembrerebbe quanto meno discutibile. Ma che riuscì, anche se rivisto e corretto in alcuni aspetti, a sopravvivere sotto il nome di “Palio di Santa Maria“, pure alla dipartita del vicerè Marcantonio; morte avvenuta durante il suo ultimo viaggio in Spagna, per dar contezza al re Filippo II delle sue azioni… ma questa è un’altra storia.
Ovviamente stiamo parlando della seconda metà del 1500: quando tutto era possibile… anche venire giustiziati nella pubblica piazza solo per aver detto di no a qualche personaggio “influente”.
Anche questa era Palermo.
Dove si trova?
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