Cotonificio Siciliano? – in molti si chiederanno: cos’è? Era il 1952 e l’imprenditore palermitano Mimì La Cavera, quasi per scommessa, volle investire nella creazione di un’azienda di produzione manifatturiera per la lavorazione del cotone.
Oggi, a distanza di circa 40 anni dalla sua chiusura, si riparla del cotonificio come un’area di archeologia industriale da recuperare.
La storia
Nei primi anni ’50, in una zona destinata ad area industriale, presso Partanna Mondello, (siamo nella periferia nord di Palermo) nacque il Cotonificio Siciliano. Si trattò di una realtà produttiva che per vent’anni anni diede lavoro a circa 300 persone.
Delle sue strutture, lo storico e urbanista Bruno Zevi, ce ne parla come di “un esempio rilevante di architettura industriale, progettata da Pietro Airoldi e Franco Gioè. Uno tra i migliori esempi di questo settore.”
Adesso, a quarant’anni dalla cessazione delle attività, dopo un lungo oblio e una storia di degrado e fatiscenza, qualcosa si è mosso. I tempi sono maturi. Infatti, sono trascorsi 70 anni dalla sua realizzazione e quindi, il bene (o meglio, ciò che ne resta) può essere inserito, a pieno titolo, nella lista degli edifici storici da tutelare.
Il nemico n° 1: l’amianto
Va precisato che l’intera stuttura, negli anni, è stata oggetto oltre che di vandalismo gratuito, anche di alcuni interventi di messa in sicurezza. Infatti, è stata interamente smantellata e smaltita la parte di copertura in amianto che prima ricopriva interamente i suoi tetti.
Cio, però, ha dato luogo all’esposizione alle intemperie delle strutture sottostanti che, subendo l’azione continua degli agenti atmosferici, data anche l’età, si sono inevitabilmente ammalorate.
Il concorso di idee e progettazione
Scongiurato il pericolo della totale demolizione, con un ottimo tempismo, la Regione Siciliana nell’intento di far rivivere quegli spazi ormai abbandonati da tempo, avvia in questi giorni un concorso di idee e progettazione.
A questo scopo, è stato disposto un recente finanziamento di circa 400.000 euro che dovrebbe stimolare le fertili menti di architetti, designer e ingegneri, nella progettazione per il recupero funzionale dei vecchi locali ormai fatiscenti.
La destinazione d’uso
Il progetto dovrebbe riguardare anche tutte le aree di pertinenza dell’ ex opificio (in tutto circa 13.000 mq). Lo scopo è quello di realizzarvi, come si legge nel comunicato stampa diffuso poche ore fa: “… un centro socio-culturale aperto a giovani, famiglie ed anziani”.
L’iniziativa è davvero lodevole. La certezza è che assisteremo alla nascita di idee e progetti di grande qualità.
Si spera solo che il progetto vincitore, selezionato dal comitato di esperti incaricati dalla PA, arrivi poi alla fase esecutiva con opportuno finanziamento e che non riservi sorprese al momento della sua realizzazione pratica.
Lo spettro della Chimica Arenella
In breve, l’auspicio è che tutto ciò non faccia la stessa fine del “tentato” recupero di un altro sito archeologico-industriale, ben più noto, che per varie ragioni è rimasto fermo al palo: la Chimica Arenella.
Oltre a ciò, l’area in questione è decisamente “fuori mano” e non facilmente raggiungibile. Questo potrebbe rappresentare un ostacolo per quegli anziani, magari con qualche piccolo problema di mobilità, che intendessero arrivare fin lì “motu proprio“.
Ma siamo fiduciosi e restiamo in attesa di ulteriori notizie e futuri sviluppi. Intanto godiamoci la bellissima foto che ritrae le operaie a fine turno, in uscita dai cancelli del Cotonificio.
Correvano gli anni ’60…
Dove si trova?