U tiraciatu, il terrore delle mamme

Tiraciatu. Non tutti hanno pronunciato e forse mai sentito questa parola. Eppure, nella credenza popolare siciliana, il “Tiraciatu” o più semplicemente “Tiru” era qualcosa di temibile, uno spauracchio la cui esistenza si perde nella notte dei tempi.

La storia

Tra le tante storie popolari, giunte fino ai nostri giorni, qualcuna parla di una temibile serpe che, col favore delle tenebre, si intrufolava dentro alle culle dei bambini in fasce, per tirar loro “u ciatu e u latti“. In pratica, si pensava che questa misteriosa creatura si infilasse di notte, all’interno delle loro bocche. Da lì aspirava il latte che i piccoli avevano ingerito da poco, riuscendo così a soffocarli, fino a procurarne la morte.

Nei secoli, sono davvero tanti i decessi improvvisi e inspiegabili di neonati in culla, avvenuti durante il sonno delle ore notturne. Tutti attribuiti dalla credenza popolare, alla presenza fortuita tra le mura domestiche, di questo rettile ritenuto demoniaco e pericoloso.

Allora si raccomandava, soprattutto a chi abitava in campagna, o nelle vicinanze di un giardino, di tenere ben chiuse porte e finestre per evitare che ciò accadesse, e di abbondare con le preghiere ai santi, per tenere lontane dalle culle queste, ed altre creature infernali.

U tiraciatu era conosciutissimo e molto temuto dalle nostre nonne, in tutta la Sicilia. Nel palermitano e nel catanese veniva chiamato “tiraciatu” o “tiru“, nel siracusano “cocciu i sarda“, nel trapanese “pisci lavuraturi”, e con altri nomignoli in tutta la nostra isola.

Le origini della leggenda

Ma ogni cosa ha un’origine (più o meno certa) e, a proposito del tiraciatu, c’è chi si spinge ad affermare che la sua triste fama giunse fino a noi dalla mitologia greca. Si narra, infatti, che la dea Era, stanca dei continui tradimenti di Zeus, mandò due serpenti velenosi nella culla del figliastro Eracle, per ucciderlo. Da qui ad arrivare al nostro “tiraciatu“, sfuggono quali e quanti passaggi possano essere stati fatti nel tempo ma, tant’è.

La verità sul Gongilo, (u tiraciatu)

Lasciando da parte la leggenda popolare e la mitologia greca, nella realtà, questo “essere misterioso” non è altro che il Gongilo (Chalcides Ocellatus): un piccolo rettile che vive tra le siepi di tutta la Sicilia. Una lucertola appena un pò più grande del normale, i cui esemplari di dimensioni maggiori possono arrivare a sfiorare i trenta centimetri di lunghezza.

Il Gongilo ha un corpo tozzo e la pelle di color azzurro-verde argentato. E’ dotato di due paia di corte zampette, che gli conferiscono una particolare andatura un pò goffa, quasi serpeggiante, molto simile a quella dei serpenti.

Tiraciatu - Una coppia di gongili 
Svdmolen, CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, via Wikimedia Commons
Una coppia di gongili (tiraciatu)

Si tratta di una creatura assolutamente innocua, presente nel sud Italia, soprattutto in Sicilia ed in Sardegna, ma anche nelle coste del nord-Africa. Un piccolo rettile che si nutre di lumache e di insetti, come le sue cugine lucertole. Ma, pare che il simpatico animaletto sia pure ghiotto di fichidindia, dei quali contribuisce alla riproduzione, spargendo i loro semi sul terreno, a digestione avvenuta.
Insomma, non fa nulla di male. Eppure, chissà perchè, la sua esistenza è stata sempre accompagnata dalla cattiva nomea.

La sua brutta fama

Una pessima reputazione, del tutto infondata e immeritata, quella del Gongilo. Una brutta fama attribuitagli non si sa come, nè in che circostanze, ma che a quanto pare ha avuto un seguito tale da far diventare questo animaletto uno spauracchio molto temuto. Le sue “terrificanti azioni” sono giunte fino a noi attraverso le storie, narrate oralmente, delle tante “morti bianche“, arbitrariamente attribuitegli.

Un rettile protetto

Dopo aver subìto per secoli la caccia e l’abbattimento indiscriminato da parte dell’uomo, il gongilo, oggi, è stato inserito nella lista rossa della IUCN, ed è protetto dalla Convenzione di Berna.

Dove si trova?


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