Luigi Biondo, chi…?

Luigi Biondo, chi…? – Tornando a parlare di palermitani, stavolta del passato, devo dirvi che Palermo ha avuto tra i suoi cittadini emeriti un grandissimo benefattore: Luigi Biondo, un vero filantropo dimenticato dai più.

Così come è successo a me, sarà probabilmente capitato pure a voi di leggere il suo nome in una targa affissa ad un muro. A me è successo trovandomi in un luogo decisamente poco allegro: un ospedale.

E, pur non trattandosi di un medico, è proprio agli ospedali che è particolarmente legato il suo nome… ma non solo, come vedremo più avanti. Di fatto, in quasi tutti i nosocomi palermitani esiste una struttura, un reparto o un ambulatorio che porta il suo nome.

Ma è pure probabile che pensando a questo cognome, a qualcuno di voi, venga in mente l’omonimo teatro di via Roma: anche questo è corretto!

Ma chi era Luigi Biondo?

In realtà e – stranamente – aggiungo, sull’uomo Luigi Biondo in giro si trova molto poco o nulla. Personalmente, di lui, non sono riuscito a reperire neppure una fotografia – neanche di quelle scattate da lontano.

Incredibilmente, l’enciclopedia Treccani ma anche Wikipedia (dove in qualche modo compaio pure io, per una mia vecchia personale fotografica!!) non riportano nessuna voce o anche un piccolo riferimento a questo grande personaggio del passato.

Insomma, Luigi Biondo: un emerito sconosciuto!!

Non vi nascondo che questa cosa mi ha incuriosito parecchio. E così mi sono messo alla ricerca di notizie che lo riguardassero.

Per fortuna esiste internet, e proprio nella rete alla fine ho trovato giusto – due – pagine web che mi hanno fornito i dati che cercavo. Una di queste è nello stesso sito dell’ASP di Palermo che in un seminascosto articolo, dedicato alla storia di alcuni presidi ospedalieri palermitani, accenna a Luigi Biondo ed alle sue opere.

L’altra è un vecchio articolo de La Repubblica, a firma di Gabriello Montemagno, che della famiglia Biondo traccia un esaustivo ritratto.

Tutto qui… nulla di più. Ma tanto mi è bastato per poter scrivere di lui e compiere, pur nei miei enormi limiti, un piccolo atto di giustizia nei suoi confronti: scriverne, parlarne… ricordare il suo nome.

La storia

Ebbene, da queste fonti scopro che Luigi Biondo nacque a Palermo nel 1872, secondogenito dei quattro figli di Salvatore.

Rampollo di una famiglia palermitana molto in vista e decisamente benestante, erano proprietari di un’industria tipografica ed una casa editrice molto nota all’epoca.

Aggiungo che se dovessimo stilare una classifica i Biondo occuperebbero, e a pieno titolo, il quarto posto dopo i Florio, i Whitaker e i Pecoraino, tra le famiglie più in vista della Palermo che contava all’epoca.

Luigi Biondo vive la sua giovinezza nel periodo della “belle epoque” palermitana, in ambienti ben selezionati, frequentando persone di una certa agiatezza, non solo economica.

Una famiglia molto agiata

Per capire chi fossero, aggiungo che alla famiglia Biondo si deve la fondazione dell’omonimo teatro di via Roma, a Palermo: struttura poi donata alla città dalla vedova di Andrea, fratello del nostro Luigi, unitamente al bar-ristorante, il salone delle feste e l’albergo diurno.

Teatro Biondo - Palermo
Un’immagine del teatro Biondo, da una cartolina dei primi del ‘900

I Biondo realizzarono l’antico progetto di Ernesto Basile: il – Kursaal Biondo – in via Emerico Amari, ma anche l’attiguo cinema Nazionale, con caffè restaurant e giardino interno. Sempre ai Biondo si devono il cinema Imperia e, non ultimo, il cine – teatro Al Massimo, con sede in piazza Verdi, inaugurato nel 1923.

Cine - teatro "Al Massimo" - Palermo
(Stendhal55, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons)
Cine – teatro “Al Massimo” – Palermo
(Stendhal55, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons)

Alla famiglia Biondo, si deve inoltre la fondazione della casa editrice e tipografica EIRES, in via Enrico Albanese, che negli anni ’30 del novecento, contava ben trecento dipendenti: fiore all’occhiello dell’industria siciliana.

Tutto questo, ci da un’idea dell’importanza di questa illustre famiglia palermitana.

Lo scandalo evitato

Tornando a Luigi, si scopre che a un certo punto si era reso protagonista di un episodio che costò alla famiglia una certa somma di denaro: quantità che non ci è dato di sapere ma, trattandosi di un’avventura con una donna sposata, storia che venne fuori non si sa come da quale indiscrezione, la famiglia dovette sborsare un bel po’ di quattrini per mettere a tacere il marito tradito ed evitare lo scandalo.

Il trasferimento nella capitale

A questo punto, Luigi decide di allontanarsi da Palermo per stabilirsi a Roma.

Nella capitale, grazie ad una buona dose di coraggio e fortuna, che lo fecero protagonista di alcune “spregiudicate” operazioni di borsa, egli riuscì a far fruttare enormemente il suo già cospicuo patrimonio personale.

Il grande progetto benefico

Luigi continuò a vivere la sua vita senza mai sposarsi, accumulando denaro, ma nutrendo un grande progetto: realizzare a Palermo alcune opere assistenziali che le amministrazioni, nazionale e locale, non erano mai riuscite a realizzare.

Un ambizioso progetto che effettivamente portò a termine, costruendo tra il 1958 ed il 1965 – per poi donarli alla città – ben quattordici tra padiglioni ospedalieri, ambulatori e strutture per anziani e bambini abbandonati.

E per far questo, sostenne una spesa di ben un miliardo di lire di allora.

Le opere realizzate:

  • Un fabbricato di quattro piani per l’Ospedale dei bambini;
  • la Casa della madre e del bambino, edificio di due piani in piazza Danisinni;
  • un padiglione per lo studio e la cura contro il cancro, al Policlinico;
  • un fabbricato di due piani per la rieducazione dei minori disadattati, presso l’ Ospedale psichiatrico di via Pindemonte;
  • un grande fabbricato di cinque piani, con 115 posti letto, nell’ ambito di Villa Sofia, da utilizzare – come annotò lo stesso Luigi Biondo – «ad ospedale geriatrico per i vecchi di ambo i sessi cronici, incurabili, paralitici che negli ospedali non li accettano»;
  • un centro studi di gerontologia, da lui descritto come un edificio «con 60 comode poltrone in legno per studenti universitari per specializzarsi in malattie della vecchiaia, munito di cinema per proiezioni scientifiche»;
  • un edificio di due piani a Villa Sofia, come ospedale pediatrico e traumatologico;
  • un edificio di cinque piani in via Lazzaro, come “asilo nido permanente”;
  • un edificio di tre piani quale padiglione di cardiochirurgia all’ Ospedale Civico;
  • un secondo padiglione per minori disadattati (due piani) all’ Ospedale Psichiatrico, con questa annotazione: «commosso dalle lacrime dei genitori che hanno figli scemi»;
  • un edificio di quattro piani in corso Calatafimi, quale casa di riposo per vecchi inabili e non abbienti;
  • un edificio di tre piani in via Noce, quale ricovero per bambini fino ai 6 anni (Aiuto Materno);
  • un ambulatorio dermosifilopatico all’Ospedale Civico;
  • un piano terreno come mensa popolare per i non abbienti.

Con quest’ultima impresa Luigi Biondo esaurì il suo capitale, e con esso la missione che si era data, e – fatto significativo – anche la sua vita.

La morte

Il 30 agosto 1967, all’età di 95 anni, Luigi Biondo muore da povero, ospite delle suore presso l’orfanotrofio, da lui stesso costruito, in Via Noce.

Al suo funerale solo 50 persone, tra queste nessuna rappresentanza delle istituzioni o delle autorità cittadine, e una memoria inspiegabilmente cancellata, grazie anche all’ingratitudine che sa riservare questa città.

Tutto ciò fornisce veramente un senso compiuto alla frase: Palermo, la città che divora i suoi figli.

Che si sappia in giro!

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