La memoria nel giorno della Shoah “שואה”

Nel giorno della Shoah, ricordiamo le tracce rimaste della popolazione di fede ebraica a Palermo: la più importante della Sicilia. Tracce ancora oggi esistenti.

La storia

Un gruppo di ebrei ha vissuto a Palermo fin dal VI secolo, al tempo del pontefice Gregorio Magno, e vi è rimasto fino all’espulsione, nel 1492, ad opera degli spagnoli. Il gruppo era molto numeroso e costituiva la comunità ebraica più importante della Sicilia.

Beniamino di Tudela parla nel suo viaggio (1170-1173) di circa tremila ebrei palermitani, con più sinagoghe e un ospedale con giardini. E sembra che al momento dell’espulsione ben oltre cinquemila persone sarebbero state costrette a lasciare la città.

Il vecchio quartiere ebraico, in città, è ancora individuabile tra la via Maqueda e la via Roma. I suoi confini vanno da via Ponticello e via Calderai, a via S. Cristoforo e via Giardinaccio, fino a piazza Quaranta Martiri.

All’epoca, attraverso l’ “arco della Meschita” su via Calderai (in foto), ma anche dal passaggio ancora esistente su via Giardinaccio (arco del Notaro), come da altri due ingressi, su via Lampionelli e cortile San Nicola, si poteva accedere alla Meschita (la sinagoga degli ebrei siciliani).

Sul nome “Meschita” esistono diverse interpretazioni, una delle quali sostiene che molto probabilmente il nome è dovuto al fatto che i fondatori della sinagoga erano ebrei che provenivano dal Magreb, i quali avevano forti contatti, sia economici, che culturali con i musulmani. Un’altra teoria sostiene che una volta che gli arabi furono cacciati dai normanni (1072), gli ebrei costruirono la loro sinagoga nello stesso posto in cui sorgeva la moschea. A causa di ciò, per via dell’abitudine, la popolazione ha continuato a chiamare l’edificio “Meschita”. Questo testimonia, ancora una volta, il mix di popoli e di culture che da sempre hanno convissuto a Palermo.

Nel rispetto di tutto ciò, oggi, le targhe toponomastiche delle vie del quartiere, sono scritte in tre lingue: italiano, ebraico ed arabo.

Le tracce rimaste

Chiesa della Magione
Nella chiesa è conservata una vera di pozzo con iscrizione ebraica, quasi sicuramente la stessa che Ovadià da Bertinoro aveva ammirato nella sinagoga nel 1487.

Castello della Zisa
Vi è conservata un’iscrizione cristiana del 1148 in quattro lingue: giudeo-arabo (arabo magrebino in caratteri ebraici), latino, greco bizantino e arabo, a testimonianza della multietnicità di Palermo. Sono anche esposti candelieri mamelucchi con iscrizioni ebraiche.

Biblioteca Comunale
In piazza Quaranta Martiri, è stato scoperto un “miqveh” (vasca per la purificazione rituale) che fu in uso dal tardo-antico al medioevo.

Palazzo Abatellis
Vi è conservata l’epigrafe funeraria in ebraico di Rav Yeqemiah, proveniente da San Marco d’Alunzio.

Museo Archeologico Regionale
Il museo Salinas, conserva la lapide sepolcrale in greco di un ebreo, lucerne con menorah provenienti dagli scavi di Lilibeo nonché una ciotola medievale di ceramica con iscrizione in ebraico proveniente da uno scavo nel palazzo dello Steri.

Dove si trova?


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