Pani, Panielli & Cazzilli

Ebbene si, di pani chi Panielli & Cazzilli vi parlerò …

Tutti i popoli che si affacciano nel mediterraneo conoscono i ceci. Le origini dell’uso alimentare di questo legume si perdono nella notte dei tempi, e le prime coltivazioni domestiche risalgono addirittura all’età del bronzo.

I ceci erano conoscuti, apprezzati ed utilizzati tanto nell’antica Roma che dagli arabi, come pure dai greci, sotto varie forme e preparazioni più o meno elaborate fin dall’antichità. Grazie anche alla grande disponibilità ed il basso prezzo, hanno da sempre occupato un posto speciale nella dieta di tutti i popoli di questo bacino.

La storia

Ma fu tra il IX e il X secolo che a Palermo si cominciò a parlare di panelle: una sfoglia sottile realizzata con un’impasto di farina di ceci e acqua, lavorata manualmente, e poi soffritta nell’olio.

Una novità di quel tempo, che dopo aver attraversato il corso di tanti secoli, giunge fino a noi con sempre rinnovata attualità.

Pane e panelle o pagnottina chi panielli
(Dedda71, CC BY 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0, via Wikimedia Commons)
Pagnottina chi panielli

Così nacque la “paniella“, oggi di forma tipicamente rettangolare (raramente tonda) che possiamo gustare all’interno di un bel panino, presso le friggitorie, ma anche presso i tanti ambulanti, generalmente piazzati agli angoli di alcune strade della nostra città.

Le friggitorie ambulanti

Molto caratteristiche, con i loro “Lapini” appositamente attrezzati, le possiamo trovare soprattutto davanti alle scuole, o nelle vicinanze di altri luoghi molto frequentati da potenziali e affamati acquirenti.

Ancora oggi le panelle si producono spalmandone l’impasto caldo, su apposite tavolette rettangolari, tradizionalmente di legno, e poi lasciate raffreddare. Quindi separata dalle tavolette, la sottile sfoglia viene fatta tuffare nell’olio bollente.

Ma vorrei ricordare che una volta, sulle panelle, venivano impresse delle semplici figure che tipicamente si rifacevano ad un motivo floreale.

Questo rappresentava il marchio di fabbrica, una sorta di “logo” della friggitoria che le aveva prodotte.

Però, qualche anziano del quartiere Capo, racconta una storia che riguarda invece un particolare tipo di “logo” a forma di pesce, in uso tanti anni fa. E pare che grazie a questo semplice espediente, la gente meno abbiente, mangiava le panelle col pensiero di gustare del nobilissimo pesce fritto. Sarà vero?

Il panino

Sul panino utilizzato per gustare questa specialità va fatta una precisazione importante, al pari dell’altrettanto noto panino con la milza, che è un’altra specialità palermitana di cui ci occuperemo in seguito.

Va detto che a Palermo esistono due scuole di pensiero: quella tradizionalista, vuole che il panino con le panelle sia rigorosamente costituito da una pagnottina, morbida, di forma tonda e cosparsa di sesamo (come quella in foto).

L’altra, invece, secondo me si “accontenta”. Infatti questa preferisce la mafaldina o la cosiddetta “mezza mafalda”: pane dalle forme apparentemente più raffinate ma, in realtà, di invenzione successiva alla tradizionale pagnotta o, come nel nostro caso, pagnottina.

Comunque, alla fine, è solo questione di semplici preferenze o, ancor meglio di “rattelli” (capricci) come diceva mia nonna.

Le origini

Su questo aspetto è nata una piccola diatriba. Dovete sapere che in terra di LIguria, più precisamente a Genova, esiste da tanto tempo una cugina della nostra panella, la cosiddetta “Panissa“. In sostanza si tratta della stessa specialità, cucinata allo stesso modo, con piccole varianti. Intanto, la forma: quella ligure ha forma di bastoncino e fermo restando l’uso della farina di ceci, e la frittura nell’olio bollente, quella palermitana è condita con prezzemolo e limone mentre, io genovesi utilizzano cipollotto e pepe.

Qual’è nata prima?

Quale sia nata prima non si sa, ma è certo che gli arabi intrattenevano rapporti con entrambi le città. Inoltre, i commercianti genovesi, già al tempo delle Repubbliche Marinare (X sec.), avevano delle sedi nelle logge nell’odierno quartiere palermitano della Vucciria, vicinissimo al porto, allora centro nevralgico dei commerci con i paesi affacciati nel Mediterraneo. Ebbene, pare che proprio in quella zona (poi divenuta mercato della Vucciria) le panelle videro la luce, per la prima volta, in terra italica.

Panielli & Cazzilli

Ma se dobbiamo raccontarla tutta… e anche bene, la panella, arrivata ad un certo punto della sua vita, non fu più sola. Infatti, ha dovuto convivere con un’antagonista di tutto rispetto, che poi è diventata una vera compagna di “vita”: la cazzilla.

Panelle e cazzille
(Camillo from Palermo, Sicilia, CC BY 2.0 https://creativecommons.org/licenses/by/2.0, via Wikimedia Commons)
Panelle e e cazzille

Bisogna però precisare che la cazzilla nasce molto dopo la panella, in quanto la patata di cui è costituita, è stata importata in Europa, dal Perù, al pari del pomodoro, solo dopo la scoperta delle Americhe. E cioè, alla fine della cosiddetta Era Medievale.

Nella realtà, la loro non è mai stata una convivenza difficile, infatti molto spesso vanno a braccetto entrambe, condividendo lo stesso panino e realizzando una “combo” che, secondo me, non ha pari.

Panielli & Cazzilli
Pani Panielli & Cazzilli

I cazzilli palermitani

Diciamo che si tratta di una “rivale” della panella di pari dignità e bontà, ma che reclama una sua storia e una sua posizione, tanto nei palati, che nel cuore dei palermitani. Una specialità che a Palermo chiamiamo “cazzilla“, o meno affettuosamente “crocchè“, dal francese “croquette“.

In realtà, queste ultime, magari sotto il nome di “crocchette” sono diffuse in tutta Italia e oltre. Giusto per voler trovare una differenza regionale, a Palermo vengono prodotte senza l’uso delle uova nell’impasto, come invece si fa in Campania.

Nota importante sul nome

Attenzione: cazzille o cazzilli? E qui potrebbe nascere una discussione senza fine. Ma, per tagliare la testa al toro, dobbiamo precisare che nel nostro dialetto le declinazioni assumono forme particolari. Così, ad esempio, parlando di “furchietta” (forchetta) che è di genere femminile, al plurale diventa “furchietti“, come se fosse maschile.

Stessa sorte subisce la “cazzilla” che al plurale diventa “cazzilli” e non “cazzille” che è una forma quasi italianizzata. E pure la “Paniella” diventa “Panielli“. E anche l’articolo, non sarà più “Le” ma “I”.
Quindi “i cazzilli” e “i panielli”, per dire “le cazzille” e “le panelle”.

Di conseguenza: “u paninu chi panielli” significa “il panino con le panelle”.
Lo so… siamo strani, ma… ok, mi fermo qui! 🙂

Cazzilla è il suo nome!

Sul significato del nome “cazzilla”, possiamo anche non soffermarci, perchè di questo appare subito evidente l’analogia con altro tipo di “cazzilli”, (stavolta di chiaro genere maschile). 🙂

Altra analogia, sempre per la loro forma, viene collegata ad un tipico biscotto tradizionale di cui abbiamo parlato a questa pagina.

Si, la cazzilla è fimmina

La nostra cazzilla che, come abbiamo visto, è rigorosamente “fimmina” nasce da un impasto di patate bollite, pelate, e passate fino a farne una morbida crema (purea), aromatizzata con del prezzemolo o della mentuccia fresca.

Il friggitore o “panellaro” che dir si voglia, la confeziona arrotolando una piccola porzione di impasto con dei gesti manuali, veloci e sapienti, ottenendo così la tipica forma desiderata dalla quale prende il nome. Quindi frigge la cazzilla, appena preparata, nell’olio bollente.

Al pari delle panelle, le cazzille, vengono prodotte nelle friggitorie, anche ambulanti, e mangiate spesso anche per strada, appena spadellate.

Panellaro ambulante
Panellaro ambulante – Palermo, fine anni ’70

Sono quindi da gustare calde, appena fritte, nel panino – ma anche senza di questo. Infatti le si possono consumare, come uno snack, contenute nel cosiddetto “cuoppu” (involucro di carta arrotolato), che è un ottimo contenitore da passeggio. In pratica: la cazzilla prêt-à-porter 🙂

Le cazzille sono l’alter ego della panella. Insieme fanno lo Yin e yang della cucina di strada palermitana e, per alcuni, compagne inseparabile di mille avventure e “manciati pi strata” (altrimenti detto street food): categoria questa di cui anch’io faccio orgogliosamente parte.

A rascatura

E come con un dulcis in fundo, arriva il momento di annoverare la cosiddetta “rascatura“. Nata secondo il principio generale dell’ “un si jetta mai nienti” (non si butta via nulla), ma che ha assunto nel tempo una sua dignità.

In pratica, tutto il resto dell’impasto che è servito a fare le panelle e le cazzille, viene raschiato via dalla pentola, reimpastato ancora, e con questo si “modellano” delle polpettine… anche loro poi fritte nell’olio bollente. Una soluzione super-economica per fare uno spuntino senza rinunciare a quel buon gusto di fritto di cui, a queste latitudini, siamo sempre stati ghiotti.

A questo punto, come non invitarvi a mangiare panielli & cazzilli? Se non siete palermitani e vi trovate a passare da queste parti… beh… sappiatelo: a Palermo, panielli & cazzilli forever!


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