L’anice unico, ovvero u zammù.
L’acqua e anice, ha da sempre ricoperto un posto particolare nelle preferenze dei palermitani. Il cosiddetto Zammù era un ingrediente essenziale per preparare una bevanda fresca e dissetante, immancabile d’estate sulle tavole dei nostri nonni.
Infatti, poche gocce di zammù in un bel bicchiere d’acqua fresca creavano quasi per magia un vero toccasana per combattere la sete provocata dalla calura estiva.
La storia
Secondo alcune fonti, la parola Zammù (forma contratta della storpiatura “zambuco” di sambuco) trae le sue origini dalla lingua araba. E pare che già ai tempi della presenza di questo popolo in Sicilia si conoscesse l’uso alimentare di questa spezia, che sotto forma di infuso, veniva utilizzata per le sue ottime proprietà digestive.
Si dice che si debba proprio ad un arabo, tale Sogehas Ben Alì, la scoperta quasi casuale dell’uso dell’infuso di semi del sambuco come bevanda. Pare infatti che sia stato proprio lui a suggerirne l’utilizzo, per “correggere” l’acqua estratta dai pozzi, il cui sapore in molti casi non doveva essere esattamente invitante.
L’Anice Unico della ditta Tutone
Ma facciamo un balzo in avanti: siamo a Palermo, nel 1813, nella piazza della Fieravecchia (oggi della Rivoluzione). Qui aveva sede l’antica drogheria Tutone, che seguendo una vecchia ricetta di famiglia, tramandata di generazione in generazione, già distillava i semi di anice stellato raccolti dalla pianta del sambuco.
Grazie ad un processo tenuto gelosamente segreto, nel quale alcuni degli ingredienti fondamentali sono l’anetolo, (olio essenziale estratto dai semi dell’anice stallato), e lo spirito di vino, si dava vita ad una vera magia alchemica, il cui prodotto veniva infine imbottigliato. Nasceva così l’Anice Unico, u Zammù.
La speciale bevanda dissetante, che si otteneva diluendone poche gocce in acqua fresca, era in vendita nelle bancarelle dei cosiddetti acquavitari o acquaioli (venditori ambulanti di acqua) ma pure nei chioschetti disseminati in città; dove anche le nobildonne dell’aristocrazia palermitana non disdegnavano fermarsi qualche minuto per assaporarla. Era un fresco sollievo durante le calde giornate estive palermitane.
Ma, come già detto, l’uso dell’anice non si fermava alla sola bevanda dissetante. Infatti, prima della nascita della Sambuca (1851) che ha un gusto più secco, era l’anice che, con una formulazione a gradazione alcolica più bassa, a volte veniva usato come digestivo.
L’Anice Tutone vinse la Medaglia d’Oro all’Esposizione di Como del 1909, quale miglior prodotto della distillazione.
Fino al dopoguerra, a Palermo, l’acqua e Zammù era la bevanda dissetante per eccellenza. Purtroppo, l’arrivo e la diffusione delle note bevande gassate, che tutti conosciamo, pose fine al suo grande successo.
L’uso alimentare dell’Anice Unico
Gli usi di questa specialità sono molteplici: la si può aggiungere in poche gocce all’acqua fresca, come già visto, ma viene pure usato come ingrediente principale in alcuni cocktail alla frutta, in certe paste e dolci tipici (biscotti e caramelle all’anice), versato sul gelato, oppure come correttivo nel caffè. Infine, con l’anice si può preparare una fresca granita, da estrarre dal frigo ed assaporare assieme agli amici, nelle calde giornate dell’estate siciliana.
L’anice Unico, un tesoro da custodire
La ricetta originale dell’Anice Unico è rigorosamente scritta in bella grafia in un quadernetto a quadri dalla copertina nera. Questa è il prezioso manoscritto che costituisce il segreto della famiglia Tutone. Un tesoro gelosamente custodito in cassaforte da ben 6 generazioni.
Dove si trova?
Comments