La “piazza Croci” e l’origine del suo nome

Per parlare della cosiddetta “piazza Croci” occorre partire dalla storia del vicino Istituto delle Croci: uno degli edifici monumentali più misteriosi della nostra città.

Il complesso, realizzato nella seconda metà del ‘500, è stato teatro di un’infinità di eventi storici. Nell’ultimo secolo, il peggiore tra questi: la distruzione causata dai bombardamenti della II guerra mondiale che non l’hanno certo risparmiato. Dopo questo disastro, nessuno si è più ricordato di lui.

Piazza Francesco Crispi
Le capre pascolano in piazza Antonio Mordini (Croci) – Palermo, 1901

Da qui nasce la mia personale definizione di “misterioso”, dato che pur trovandosi in una delle piazze più note della nostra città, ciò che resta di questo edificio vive la sua storia sotto traccia, quasi senza disturbare l’occhio distratto dei palermitani.

Come se non bastasse, ha trascorso lunghi anni occultato da una grande impalcatura che, malgrado si pensava servisse per i lavori di restauro, in realtà era solo il sostegno per esporre enormi cartelloni pubblicitari e monetizzare lo spazio.

Piazza Francesco Crispi
Piazza Francesco Crispi (Croci), in una foto degli anni ’50

Nel ricordo di Biagio e Giuditta

Il 25 novembre del 1985, nelle adiacenze della piazza, si è svolto un tristissimo fatto di cronaca, il cui drammatico epilogo fu la morte di due ragazzini. Un terribile episodio che nessun palermitano potrà mai dimenticare.

Giuditta e Biagio erano appena usciti da scuola e stavano attendendo l’autobus alla fermata di via Libertà, proprio davanti all’Istituto delle Croci, quando sono stati travolti da un’auto-scorta, andata fuori controllo.

L’auto, a sirene spiegate, era quella assegnata al Giudice Borsellino, che piombò su di loro a folle velocità e li travolse uccidendoli. Nell’impatto, violentissimo, rimasero feriti anche 23 loro coetanei che erano in attesa del bus a quella fermata.


La storia

Il primo impianto nell’area che successivamente ha ospitato l’Istituto delle Croci, come accennato prima, è stato edificato nel 1575, in quella che al tempo era una contrada di campagna, molto fuori città. Il complesso venne adibito dal Senato palermitano a luogo per la raccolta, e la sucessiva distruzione, di ciò che era stato a contatto con gli ammalati di peste, durante le varie ondate di epidemia che colpirono in quegli anni la città.

Nel 1600, cessata quell’emergenza epidemica, la proprietà è passata a Don Luca Cifuentes de Herèdia che, dopo l’acquisto, la ampliò con la costruzione di un nuovo edificio.

Don Luca la dotò pure di un grande giardino con una meravigliosa fontana, della quale oggi purtroppo non resta alcuna traccia, e ne destinò l’uso a residenza temporanea per i vicerè di Sicilia.

La nuova epidemia

Ma l’amaro destino di questo edificio fece si che alla successiva epidemia di peste, quella tristemente famosa del 1624, venisse utilizzato ancora come lazzaretto.

Da quel momento, cominciò un lungo periodo di abbandono che ne segnò il degrado.

Il Rifugio dei Poveri

Si giunge così alla seconda metà del ‘600, quando malgrado le pessime condizioni in cui versava l’intero complesso, questo si concesse ugualmente in locazione alla “Congregazione del Rifugio dei Poveri“: ente benefico-religioso che progettava di farne sede di un ospizio per le orfanelle.

Tuttavia, a causa delle pessime condizioni, la voluta struttura di ricezione per le fanciulle non potè concretamente realizzarsi.

La forza delle donazioni

A quel punto si fece ricorso a donazioni ed all’aiuto, e l’impegno fattivo, del sacerdote Giuseppe Filangeri, componente di una delle più influenti nobili famiglie siciliane.

Padre Filangeri, riuscì a raccogliere ben 200 onze, con le quali si potè provvedere all’esecuzione dei necessari lavori di restauro.

L’istituzione del Ritiro per le Orfanelle

Nel 1690, in seguito alla rimessa in pristino dei luoghi, l’arcivescovo Ferdinando Bazan concesse finalmente l’autorizzazione per ospitarvi il desiderato Ritiro per le Orfanelle. E per il suo sostentamento, l’idea buona fu quella di far passare, il 23 di maggio, una processione proprio sotto l’edificio, rievocando il calvario della passione di Cristo.

Questa processione sensibilizzò le autorità ecclesiastiche, e spinse anche alcuni facoltosi palermitani ad intervenire attraverso donazioni per garantire il funzionamento dell’Istituto.

Il nome di piazza Croci

In quella occasione, gli stessi frati cappuccini piantarono sette grandi croci nel terreno antistante la struttura, ormai prossima sede del ritiro delle orfanelle, fatto che ne indicò la zona come “Piano delle Sette Croci”.

Proprio da questo particolare prende origine il toponimo popolare di “piazza Croci“, conosciuto da tutti i palermitani.

Fu così che il 27 Dicembre del 1690, una nuova processione, guidata da frati cappuccini e dai fratelli maggiori del vicino convento di San Dionisio, potè accompagnare 40 fanciulle povere nel nuovo Istituto. 

Il parziale abbattimento

Nel 1848, la costruzione dell’adiacente stradone della Libertà rese necessario l’abbattimento di parte dell’edificio.

Questo fatto determinò l’intervento di Giovan Battista Filippo Basile, che nel 1851, in occasione della realizzazione del Giardino Inglese, progettò la nuova facciata in conci di tufo arenario con bifore archiacute che, ancora oggi, si affaccia su via Libertà.

Istituto delle Croci
La facciata dell’ Istituto realizzata dall’architetto Basile

Villa Deliella

Nei primi del ‘900, la piazza vide la costruzione dell’ormai perduta villa Deliella. Costruita su progetto di Ernesto Basile e poi distrutta, in un solo giorno, nel 1959.

Della storia di villa Deliella abbiamo parlato approfonditamente a questa pagina.

La sorpresa del nome

Però non tutto è come sembra, perchè nella realtà malgrado la piazza sia conosciuta con questo nome, in effetti non si chiama così.

Quindi, non ci resta che tentare di capire quale “mistero” sta alla base di questo aspetto a dir poco curioso.

I palermitani e la toponomastica

Per qualche ragione sconosciuta, parecchi miei concittadini storicamente “litigano” con la toponomastica della città. E, quindi, per ricordare i nomi delle strade o delle piazze, preferiscono farlo ribattezzandole con il nome di qualcosa facilmente individuabile, che sta nei loro pressi. Abitudine non solo palermitana.

Chissà chi ha cominciato per primo… ma sta di fatto che, ancora oggi, almeno alcune tra le piazze più note della città vengono comunemente chiamate con una sorta di pseudonimo.

Così i palermitani chamano “La Statua” quella che in realtà è piazza Vittorio Veneto, la “Stazione” la piazza Giulio Cesare, e piazza Politeama quella che invece si chiama piazza Ruggiero Settimo, ecc.

A questa logica non fa eccezione quella comunemente indicata come piazza Massimo, che in realtà si chiama piazza Verdi. E così anche alle nostre due piazze, Crispi e Mordini, toccò la stessa sorte.

Di conseguenza, se chiedessimo a qualche palermitano, dove sta piazza Vittorio Emanuele Orlando, pur conoscendola fisicamente, non saprebbe dirci dov’è, nè quale sia. In questo caso, la parolina magica è “Tribunale”… allora si.

Le due piazze e la via adiacente

Intanto, chiariamo che il luogo di cui ci stiamo occupando, in realtà, è costituito da due piazze antistanti e non da una sola, come potrebbe sembrare.

Infatti, a complicare ulteriormente le cose, va osservato che quell’area che comunemente chiamiamo “piazza Croci” è in realtà tagliata in due dalla via Libertà. Questo “taglio” forma due piazze ben distinte: la prima si chiama Antonio Mordini (lato monte) e l’altra, Francesco Crispi (lato mare). Questo anche se, comunemente, le due piazze vengono assimilate sotto lo stesso pseudonimo di piazza Croci.

Di fatto, l’unico toponimo presente in zona che ricorda il nome “Croci” è quello della via delle Croci: cioè la strada che dalla via Pasquale Calvi giunge a piazza Francesco Crispi. Comunque nei pressi.

Detto questo, spero di essere stato esaustivo e di aver provocato solo pochi sbadigli🙂

Dove si trova?


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