La Fontana Pretoria e l’insaziabile regina.

Fontana Pretoria – Teodoro Duclère – Palermo,1842.
Fontana Pretoria – Teodoro Duclère – Palermo,1842.

Della Fontana Pretoria ne scrisse così Giorgio Vasari:

Fonte stupendissima che non ha pari in Fiorenza, nè forse in Italia: e la fonte principale, che si va tuttavia conducendo a fine, sarà la più ricca e sontuosa che si possa in alcun luogo vedere, per tutti quegli ornamenti che più ricchi e maggiori possono immaginarsi, e per gran copia d’acque, che vi saranno abbondantissime d’ogni tempo
(Vasari-Milanesi, VII. p.628)

La storia

Si, proprio la nostra fontana Pretoria che, come forse alcuni non sanno, fu costruita in quel di Firenze da Francesco Camilliani, nel lontano 1554.

La realizzazione dell’opera era una commissione di don Pedro di Toledo, Viceré di Napoli e suocero del Gran Duca di Toscana Cosimo I de Medici; allo scopo di arricchire la bella villa fiorentina della figlia. Ma egli morì prima del completamento dell’opera che passò in eredità al figlio primogenito, don Luigi di Toledo.

Quest’ultimo, dopo averne goduto per alcuni anni, a causa di una serie di debiti che aveva contratto, decise di metterla in vendita instaurando una trattativa con l’allora ricco Senato palermitano. E fu proprio quest’ultimo che alla fine la acquistò per circa trentamila scudi: una cifra davvero considerevole per l’epoca.

Così la fontana, che non portava ancora il nome di Pretoria, smontata in circa 644 pezzi, imballata e spedita via mare, giunse a Palermo nel 1574.

Ma, per vicissitudini varie, alcuni dei pezzi non arrivarono mai a destinazione (si suppone che presero altre strade), altri invece giunsero già rotti.

L’arrivo a Palermo

Così arrivata in città, assemblata e riadattata da Camillo Camilliani (figlio dell’autore) e Michelangelo Noccherino, la monumentale fontana trovò posto nell’attuale piazza Pretoria, dalla quale prese il nome.

Non prima, però, dell’abbattimento di tutte le case che c’erano tra il convento di Santa Caterina e quello dei padri Teatini. In pratica, solo radendo al suolo tutti gli edifici esistenti in quell’area, si potè creare lo spazio necessario ad accogliere la grande fontana, in quella che poi divenne l’odierna piazza Pretoria, così come la conosciamo oggi.

A realizzazione ultimata, si dice che i palermitani non accolsero di buon occhio la sua presenza e, increduli delle nudità mostrate dai corpi di marmo che l’adornavano, la ribattezzarono “della Vergogna”.

Altre voci, forse meno maliziose e più concrete, narrano di uno scandalo scoppiato a causa dell’esosa cifra pagata per il suo acquisto. Ovviamente il Senato (leggi Comune ndr) , gestiva soldi pubblici provenienti dalle tasse versate dai cittadini. E da lì, le proteste.

Gli aneddoti curiosi

Tra le tante storie e dicerie sulla fontana, che invero è sempre stata molto discussa, ve ne racconterò alcune quantomeno curiose:

L’evirazione

Forse anche motivato dallo stupore e l’indignazione mostrata dalla suore del vicino convento di Santa Caterina, si narra che una notte, approfittando dell’oscurità, qualcuno (forse le stesse suore?) decise di evirare alcune delle statue, pare con il preciso scopo di eliminarne le “vergogne”.

Nei fatti, le statue della fontana un bel giorno riportarono inspiegabili danneggiamenti in zone “critiche”. Cosa che però, in assenza di prove schiaccianti, era difficilmente riconducibile ad un’azione organizzata o voluta dalle suore.

Ma al di la di queste “voci”, molto banalmente, l’origine del nome “Vergogna” è quasi certamente da attribuire alle proteste dei palermitani. Queste, come prima accennato, nacquero quando i cittadini seppero degli enormi costi sostenuti dal Senato per acquistare, trasportare ed assemblare il monumento.

Le voglie della regina Giovanna

Si narra che i palermitani più maliziosi immaginarono nella statua della ninfa con Pegaso, presente tra quelle che la adornano, le sembianze della regina Giovanna II d’Angiò, allora ritenuta donna molto lussuriosa.

Infatti, si racconta che all’epoca lei fosse ancora ricordata per la sua “collezione di cento amanti”: giovani uomini scelti tra il popolo che dopo averne soddisfatto le voglie, venivano misteriosamente fatti sparire a difesa del buon nome della stessa.

Tra queste dicerie, la più piccante racconta che l’insaziabile Giovanna, presa dall’irrefrenabile pulsione, fosse arrivata ad unirsi anche con uno stallone delle scuderie reali; da questo particolare deriva la celebre frase attribuitale: “Stanca sì, ma sazia mai”.

E proprio per questo, la statua della ninfa, sdraiata vicino al cavallo Pegaso, che trova posto nella bella fontana, è da molti ritenuta la sua perfetta rappresentazione in marmo.

Le fantasie di don Carlo D’Avalos

Ma non finisce certo qui. L’elenco dei particolari “scottanti” è molto lungo.

Tra questi, spicca quello del generale della cavalleria siciliana, don Carlo D’Avalos, che addirittura si innamorò di una delle belle statue. Si narra che egli era “preso” a tal punto da farla smontare per portarsela a letto.
Pare che il generale la restituì qualche giorno dopo… a cose fatte!

Comunque, al netto di queste “storie”, fu così che Palermo, con buona pace di tutti – suore, senatori e palermitani – ebbe uno dei monumenti che ancora oggi, è tra i più belli e interessanti del suo splendido centro storico.

La cancellata di recinzione

Soltanto nel 1868 venne incaricato l’architetto Giovan Battista Filippo Basile della progettazione di una recinzione in ferro per la fontana che, una volta realizzata, venne così posta a sua protezione.

Dettagli delle statue

Le statue che adornano la fontana pretoria sono molteplici: in origine erano 48. Tra queste distinguiamo le figure mitologiche di Mercurio, Adone, Apollo, Bacco, Venere, Cerere, Diana, Orfeo, ed altre ancora.

La simbologia rappresentata dal complesso scultoreo è molto forte e tra l’altro, giusto per necessità, trasposta ed adattata alla realtà palermitana. Tra le altre si segnala la rappresentazione delle quattro fonti d’acqua principali della città: l’Oreto, il Maredolce, la sorgente del Gabriele ed il fiume Papireto, che in origine erano riferite all’Arno e ad i suoi affluenti.

Tutte le statue sono state aggredite dal tempo e dallo smog e, malgrado l’ultimo restauro risalente ad alcuni anni fa, purtroppo oggi versano in uno stato disastroso.

Va ricordato che fino al 2014 la piazza non era interdetta al traffico automobilistico e, di fatto, destinata a parcheggio selvaggio di autoveicoli pubblici e privati.

Il ventre della fontana

Infine, un aspetto che non tutti conoscono è costituito dall’esistenza di locali nascosti sotto alla fontana. Questi, da non confondere con quelli più recenti del vicino rifugio antiaereo, sono accessibili da una botola che cela un percorso circolare, sviluppato su più livelli sotterranei, che si trova all’interno ed al di sotto della stessa.

In questo stretto e buio corridoio ad anello, trovano posto le elettropompe ed il complesso sistema elettrico/idraulico che alimenta lo zampillare delle acque in superficie. Un luogo decisamente insolito, nascosto all’interno del monumento.

A questo proposito vi suggerisco la visione di un interessante video che svela questo luogo sconosciuto, al di sotto della bella ed iconica fontana palermitana.

Preparate le torce e scendiamo giù a visitare il suo ventre …

Dove si trova?


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