Non cancelliamo la memoria sulla strage di via D’Amelio. Il nostro amico Franco Lannino, autore di questa foto, fu tra i primi reporter ad arrivare sul posto. Oggi ci parlerà di quel giorno maledetto e di ciò che vide e riuscì a fotografare in quei momenti concitati di puro terrore, a pochi minuti dall’attentato.
Quel giorno, la strage in via D’Amelio
Fu praticamente il primo scatto che feci arrivando in veste di fotoreporter in via D’Amelio.
Lo vidi, era lui era il tenente dei carabinieri Giovanni Arcangioli. “ma com’è vestito”? Indossa uno smanicato celeste come i fratini delle confraternite alle processioni religiose il venerdì Santo?
“Gli faccio uno scatto e glielo farò avere a cose compiute”. Così per ridere. “Ma come, in una tragica occasione del genere vai vestito in questo modo ridicolo”? Questo era il mio pensiero.
Un’inferno
Pensiero dimenticato pochi secondi dopo alla vista delle scene orribili che fui costretto a fotografare. Una scena di guerra, devastazione e sangue.
Pezzi di carne dappertutto e fuoco, e fiamme, odore acre di tritolo, cherosene, benzina.
L’agenda rossa
Tutto fu compiuto. Feci il mio dovere. Dopo, negli anni pian piano venne fuori la realtà. L’agenda rossa del giudice Paolo Borsellino era stata trafugata e nessuno ne sapeva niente.
Poi ci fu l’avvento del digitale. E dopo dodici anni, nel fare le scansioni e rendere digitali gli scatti più rappresentativi degli avvenimenti di rilievo che si erano succeduti negli anni, mi imbattei in quella diapositiva: l’allora tenete Arcangioli, ora colonello, con quel buffo fratino!
La borsa
Ma, un momento cosa tiene in mano? Una borsa? Ma può essere che sia la borsa del giudice ucciso?
Un cortocircuito cerebrale si impadronì di me. I carabinieri, e soprattutto gli ufficiali, sono lo Stato, pensai.
E quindi come è possibile che lo Stato non ne sappia nulla? La foto mi fu sequestrata perché invece di aiutarmi a venderla ai settimanali per farne uno scoop un giornalista antimafia mi tradì.
Quella foto fu acquisita dalla DIA e su di essa si innescò un processo davanti ad un Tribunale di Caltanissetta per furto dell’agenda rossa del giudice Paolo Borsellino.
Il processo non portò a nulla, tutti gli imputati furono assolti.
L’agenda rossa non fu più ritrovata, e dubito che verrà mai recuperata. Perché lo Stato siamo noi, con tutte le nostre debolezze, tradimenti e misteri.
Il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta
Sono passati oltre trenta anni da quel 19 luglio in via d’Amelio, a Palermo. Il giorno della strage nel quale persero la vita Paolo Borsellino e cinque dei sei membri della sua scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli. I cinque agenti stavano accompagnando il giudice in visita a casa della madre.
Per non dimenticare
Dove si trova?
Comments