Il misterioso pozzo di cui parleremo oggi, rappresenta un enigma irrisolto fin dagli anni ’20 del ‘900, periodo in cui è stato ritrovato.
Siamo a Palermo, nel viale della Libertà, uno dei grandi assi stradali della nostra città: un lungo viale alberato, che collega la piazza Ruggero Settimo (Politeama) con la piazza Vittorio Veneto (la cosiddetta “Statua”), un tempo costeggiato esclusivamente da giardini, eleganti palazzine e ville nobiliari, sorte verso la fine dell’800.
Spostandoci lungo questo asse, a partire dalla piazza Vittorio Veneto, in direzione centro città, giungiamo nel cosiddetto “quartiere Matteotti” (Littorio, durante il ventennio, epoca della sua costruzione ndr).
A un certo punto, dopo una cinquantina di metri oltre l’elegantissima porta di piazza Esedra, che costituisce l’ingresso monumentale al quartiere, ci si trova di fronte ad una scalinata. Salendo in cima a quest’ultima, si giungerà ad una tranquilla piazzetta di forma ovale, sistemata a verde, e contornata da un lato, da eleganti palazzine realizzate alla fine degli anni ’20 del ‘900. Mentre, nel suo lato opposto, questa si affaccia sul viale Della Libertà, da dove siamo arrivati.
Al centro di questa piazzetta, intitolata a Thomas Edison, salta subito all’occhio un’area di forma quadrata, cinta da un basso muretto perimetrale, a sua volta sormontato da una ringhiera di protezione in ferro.
Avvicinandosi ancora, ci si ritrova dinanzi al pozzo del mistero.
La storia
Un enorme foro nel terreno, a pianta quadra, di circa 12 metri per lato, e profondo oltre 20.
Il grande pozzo è stato scoperto alla fine degli anni ’20, durante i lavori per la realizzazione degli edifici che avrebbero costituito l’allora nuovo quartiere Littorio.
Gli architetti dell’epoca, si resero conto della rilevanza della scoperta e diedero questa un’importante collocazione, ponendo il pozzo al centro della piazza, che di fatto gli venne costruita attorno.
La struttura interna
Nei lati interni di questo pozzo misterioso, sono presenti quattro rampe di scale scavate in quella roccia calcarenitica di cui è costituita l’intera zona, e più in generale l’intero sottosuolo palermitano.
Alle scale si accede da un apposito cancello (chiuso ndr) che si trova lungo la ringhiera perimetrale. Queste conducono fino al fondo del grande pozzo, ad una quota poco più di 20 metri più bassa rispetto al piano stradale. Nel fondo è presente solo una piccola quantità d’acqua di accumulo, probabilmente un residuo di origine meteorica.
La galleria nel fondo
Alla fine del pozzo, ad un livello pari a quello della poca acqua presente, si trova un cunicolo orizzontale lungo una trentina di metri, ed alto circa due metri e mezzo. Presumibilmente, questo era collegato ad un altro pozzo, ormai interrato, di dimensioni inferiori. Nel periodo della seconda guerra mondiale, il cunicolo venne utilizzato come riparo antiaereo.
Le incisioni
Dopo il ritrovamento del manufatto, per alcuni anni tutto restò così, senza che si mostrasse alcun interesse particolare per la sua presenza.
Ma una decina d’anni dopo, nel 1940, un medico, appassionato di geologia, tale Alfredo Salerno, spiegò di aver trovato all’interno del cunicolo in fondo al pozzo delle particolari iscrizioni, a suo dire, verosimilmente riconducibili alla cultura Sicana. Queste si trovano incise sulle pareti della galleria di fondo.
La prima ipotesi di datazione
La presenza delle antiche iscrizioni, fece convincere tutti che si poteva trattare di un antichissimo pozzo sicano, forse addirittura di epoca pre ellenica (1000 – 750 a.C.).
La parola passò agli esperti
In effetti, la teoria del Salerno ricevette ulteriore ma parziale conferma dal prof. Francesco Beguinot, allora titolare della cattedra di Berbero presso l’Ateneo di Napoli.
Il professore, esaminate le incisioni, le interpretò come appartenenti al linguaggio degli antichi popoli libici (leggi cartaginesi ndr). Quindi, legando la loro realizzazione all’arrivo a Palermo di Amilcare Barca che nel 247 a.C., con le sue truppe, si insediò sul Monte Pellegrino nel tentativo (non riuscito) di conquistare la città strappandola di mano ai romani.
L’ipotesi di La Duca
In tempi più recenti, lo storico Rosario La Duca, fece rilevare che lo stile architettonico, la tecnica costruttiva del pozzo e della galleria annessa, andavano collocati in epoche decisamente più recenti a quelle prima ipotizzate dal Salerno. E che la datazione del prof. Beguinot, non era compatibile con le altre evidenze reperite in loco. Tra l’altro, il manufatto esaminato, costituito da due pozzi attigui, collegati tra loro alla base da una galleria, realizzava lo schema tipico del pozzo cosiddetto a “cannocchiale”: questo non riconducibile ad epoche particolarmente remote.
L’ennesima ricerca
Successivamente, verso la fine degli anni ’80, dopo un’accurata pulizia del fondo, sul quale giaceva ogni sorta di rifiuto, si poterono eseguire delle meticolose ispezioni che portarono al rilievo completo del pozzo e dell’altrettanto misteriosa galleria che si trova nel suo fondo.
Dai rilievi effettuati e dallo studio del presumibile livello piezometrico della falda che alimentava il pozzo in quegli anni, il prof. Pietro Todaro, potè concludere che l’ipotesi del La Duca era plausibile.
Il pozzo misterioso di Palermo risulta verosimilmente scavato non prima del XIII sec, ed usato per ragioni legate all’approvvigionamento idrico dei tanti cavatori di tufo che operavano nella zona, allora denominata “piano Balate”.
I pirriatura
Gli operai impiegati nell’estrazione del materiale erano i cosiddetti “Pirriatura” (cavatori di pietra ndr) impiegati in quelle cave (pirriere), a volte a cielo aperto, altre sotterranee, per l’estrazione dei blocchi di tufo: quelle stesse cave che gli arabi chiamavano “Muchate” (qualcuna di queste è ancora esistente e visitabile). Con questi metodi, in pratica, fin da tempi remoti, si estrasse il materiale da costruzione utilizzato per edificare la nostra città.
Ovviamente, anche questa ipotesi resta solo plausibile e non confermata con assoluta certezza. L’unico dato certo è che questo pozzo ha in realtà almeno altri due gemelli in città, anche se di dimensioni inferiori.
Resta pure aperto l’interrogativo sulla presenza, e su chi sia l’autore delle iscrizioni ritrovate dal Salerno. Fatto che, ad oggi, rappresenta ancora un vero rompicapo.
Così, il pozzo misterioso di Palermo continuerà pure a rimanere senz’acqua, ma sicuramente immerso nel suo fitto mistero.
Dove si trova?
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