La via Notarbartolo con le sue ville liberty nasce nel 1885, grazie a quanto prescritto dal piano regolatore dell’epoca redatto dall’ingegnere Felice Giarrusso. Piano che fu il primo realizzato a Palermo e tra i primissimi in Italia.
Ad onor del vero, lo stesso fu anticipato dall’attuazione di un altro piano, meno ambizioso, risalente ai primi dell’800. Questo progetto denominato “Addizione Regalmici” permise l’espansione della vecchia “città murata” con l’annessione del borgo Santa Lucia e, via via, di altre borgate che erano sorte negli anni fuori le mura, alla periferia di Palermo.
La città si dotò così di uno strumento urbanistico complesso che contemplava anche l’apertura di via Roma, un tempo tagliata all’altezza di piazza San Domenico, ed il relativo abbattimento del palazzo Monteleone: quest’ultimo resosi necessario per realizzare il previsto prolungamento della strada.
Oltre a ciò, l’articolato progetto prevedeva pure il risanamento del centro storico, con interventi mirati all’eliminazione dei cosidetti catoi, cospicuamente sparsi lungo le sue innumerevoli viuzze.
Già durante i lavori di realizzazione, si dispose l’intitolazione della nuova strada al sindaco di Palermo, Emanuele Notarbartolo, il quale nel 1893 mentre si trovava in treno di rientro in città, rimase ucciso, vittima di un feroce accoltellamento ad opera della mafia.
La storia
Il progetto prevedeva la realizzazione di una larga ed elegante strada, perpendicolare alla via Libertà. Questa doveva attraversarla, incrociandola, e proseguire fino ai margini del piano dell’Ucciardone (odierna via Duca della Verdura).
Dall’altro estremo, il lungo viale era previsto si fermasse all’ingresso della villa Cupane (non più esistente), e cioè all’inizio dell’attuale via Leonardo Da Vinci. In pratica, nell’odierna piazza Ottavio Ziino.
La strada giardino
Ai margini di questa nuova strada, su entrambi i lati, si pensò alla costruzione di un certo numero di ville residenziali ed eleganti palazzine con ampio giardino. Queste da realizzarsi secondo i canoni del tardo Liberty, seguendo il gusto dell’epoca, allora fortemente influenzato dal Basile. In pratica, come quanto già realizzato o realizzando nella vicina via Libertà.
La zona divenne subito ambita dalla borghesia che era in fuga dalle abitazioni del centro, alla ricerca di spazi più ampi e strade alberate.
Per varie vicissitudini anche economiche il progetto però, non venne portato a termine. Ciò provocò lo stop dei lavori con la conseguente interruzione della nuova via Notarbartolo all’altezza dell’odierno incrocio con via Sciuti.
Successivamente, superati gli ostacoli, i lavori proseguirono, e negli anni ’30 ebbe luogo il completamento del tratto finale della nuova strada fino all’odierna piazza Ottavio Ziino, proprio davanti alla villa Cupane, così come era previsto originariamente dal progetto.
Quest’ultimo tratto era ancora a verde, e i bellissimi agrumeti che lo costeggiavano non erano stati ancora toccati dall’urbanizzazione. Cosa che però avvenne nel dopoguerra, a partire dai primi anni ’50, con la costruzione di una serie di edifici a schiera, gestita dall’allora Gescal. Edifici tutt’ora esistenti e visibili sul lato destro nella foto qui in basso.
Via Notarbartolo, le ville liberty e il treno
Il prolungamento dell’ultimo tratto di via Notarbartolo ha comportato, tra le varie cose, anche l’incrocio con la linea ferroviaria diretta a Trapani. Inconveniente allora brillantemente superato con l’adozione di un apposito passaggio a livello presidiato.
Nella foto che segue, datata anni ’50, si può osservare una via Notarbartolo che stava a metà tra la vecchia via dei giardini (del progetto originario), e la nuova via Notarbartolo, sempre più simile a quella odierna. Infatti, alcune tra le eleganti ville erano già state abbattute e sostituite da moderni edifici a più piani.
Frattanto, nella zona a monte, la soluzione del passaggio a livello, stava per trasformarsi in un vero e proprio incubo. Teniamo presente che il dopoguerra era un periodo in cui l’Italia ripartiva anche economicamente; ciò portò lavoro e benessere per tante famiglie che, adesso, potevano permettersi l’acquisto dell’auto privata. In pratica fu un boom di utilitarie che letteralmente invasero tutte le strade del nostro paese.
Così, dato il considerevole aumento delle auto in circolazione proprio a partire da quegli anni, la soluzione dei passaggi a livello, apparsa in un primo momento razionale, stava via via diventando una trappola per automobilisti, i quali dovettero fare i conti con la diffusa esistenza di questi, in città, almeno fino agli anni ’70.
Ricordo che quando si aveva in programma di attraversare via Notarbartolo, via Malaspina, o il corso Finocchiaro Aprile (Olivuzza), si pregava affinchè non si trovasse l’amara sorpresa delle sbarre dei passaggi a livello abbassate, in attesa del lento transito del treno. E in via Malaspina ancor di più, infatti lì venivano effettuate infinite manovre con i vagoni merci, con conseguenti e in terminabili incolonnamenti degli autoveicoli.
La stazione Notarbartolo
Il problema si protrasse negli anni, rafforzando via via il suo impatto. Solo in seguito al completo interramento della linea ferroviaria, con la coeva apertura della nuova stazione Notarbartolo e l’eliminazione di una buona dozzina di passaggi a livello disseminati in varie zone della città, ci si potè liberare da quella jattura.
La data fu storica: era il 15 maggio del 1974.
Fino ad allora il problema delle lunghe attese ai passaggi a livello era effettivamente un castigo per la circolazione, perchè questi erano sparsi lungo tutta la linea ferrata che, di fatto, tagliava in due la città.
La chiesa di San Francesco di Sales
Appena dopo la ferrovia, salendo verso monte, quasi contestualmente all’inizio dei lavori per la costruzione della stazione Notarbartolo, si inaugurò il cantiere per la realizzazione di una chiesa. Una struttura dalle linee moderne, inserita in un contesto ormai quasi completamente urbanizzato. Era il 1963, e quella chiesa verrà consacrata a San Francesco di Sales.
Dopo alcuni anni in cui la struttura prese forma, improvvisamente, nel 1965 i lavori vennero interrotti. Non ho mai avuto modo di approfondire l’argomento, ma la questione è certamente da ricondurre alle vicissitudini legate al titolare dell’impresa di costruzioni aggiudicataria dell’appalto, tale Francesco Vassallo, legato assieme ad Arturo Cassina ad ambienti & costumi mafiosi, tipici del “Sacco di Palermo”. A questa pagina troverete alcune notizie a riguardo.
Dopo il lungo periodo di stop, in cui la struttura venne abbandonata a se stessa, i lavori ripresero solo nel 1978 e furono portati a termine nel successivo 1979, con la sua apertura al culto.
Anche se non completamente ultimata la chiesa prese vita, ed il suo primo parroco, (don Luigi Zecchinato, che ho conosciuto personalmente), si fece carico di raccogliere i fondi, provenienti da sovvenzioni e donazioni private, per portare a termine quantomeno le opere ritenute necessarie, ed alcuni decori interni. Così i lavori proseguirono fino agli anni ’90.
La distruzione del “sacco”
Tra la fine degli anni ’50 e i ’70 del ‘900, come già sappiamo, l’intera zona subì l’azione del cosiddetto “Sacco di Palermo”. Uno sconvolgimento urbanistico che partiva da un legittimo progetto di ampliamento della città, che fu poi deviato verso soluzioni messe in atto attraverso dissennate decisioni operative, lasciate completamente in mano a personaggi di chiara appartenenza a famiglie mafiose.
Queste portarono anche all’abbattimento di quasi tutte le eleganti ville uni e bifamiliari di via Notarbartolo e la loro sostituzione con i moderni condomini, trasformando radicalmente la zona fino ad allora ricca di spazi verdi, in quella che oggi tutti conosciamo.
Villa Cupane
Una tra queste, era la villa Cupane, la cui demolizione alla fine degli anni ’50 permise il collegamento tra la via Notarbartolo e l’allora realizzanda via Leonardo Da Vinci.
Due, tra le decine di scomparse
Tra le tante belle ville nobiliari e le eleganti palazzine non più esistenti, voglio ricordarvene almeno due, la cui posizione originaria, grazie alle foto, è facilmente individuabile.
Villino Di Giorgi
Il villino Di Giorgi, in via Notarbartolo. Sorgeva ad angolo con la via Terrasanta, al posto del moderno condominio visibile nella foto qui in basso a destra, posta a confronto.
Costruito nel 1914 da Ferdinando Di Giorgi, (scrittore e commediografo Palermitano), su progetto degli ingegneri Manetti e Santangelo (gli stessi progettisti del castello Utveggio e dello stadio comunale).
Durante la seconda guerra l’edificio fu sede del comando militare americano, poi dell’Ente per la Riforma Agraria.
Villino Geraci – Di Pisa
Restiamo in Via Notarbartolo, a pochi passi dal villino Di Giorgi, per ritrovarci stavolta all’angolo della via Nunzio Morello. La bellissima villa venne costruita nel 1914 su commissione dello scultore Gaetano Geraci e la moglie Marianna Di Pisa, su progetto dell’architetto Salvatore Li Volsi Palmigiano. Venduta alla fine degli anni ’60 dagli eredi della famiglia, e poi demolita per lasciar posto al moderno edificio azzurro visibile nella foto a confronto, qui in basso.
Villa Pottino, una superstite
Miracolosamente, una delle ultime superstiti a questa operazione è la villa Pottino. Realizzata nel 1915 dall’architetto Ernesto Armò, su commissione dei principi di Baucina, è stata poi ceduta al marchese Gaetano Pottino di Irosa.
Incredibilmente scampata alla distruzione, la villa è oggi visitabile in occasione della manifestazione “Le vie dei tesori” all’interno della quale è solitamente inserita.
C’è da augurarsi che almeno questi ultimi gioielli, sopravvissuti per miracolo all’ondata di abbattimenti, vengano preservati per sempre e valorizzati come in effetti meritano.
Dove si trova?